2011-07-30

Incepparsi dopo "baciò la sua petrosa Itaca Ulisse"

Che differenza c'è tra poesia e prosa? La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'. (Charles Bukowski)

Il mago di Natale  (Gianni Rodari)


S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale 
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento, 
ma non l'alberello finto, 
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna, 
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere, 
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.


Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.


In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d'ogni qualità, 
che chiudono gli occhi 
e chiamano papà, 
camminano da sole, 
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.


In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero 
del cioccolato; 
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.


Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto 
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?


Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.


Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno 
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.


Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello 
o anche più bello.


Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.


Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.




A Zacinto (Ugo Foscolo)


Né più mai toccherò le sacre sponde
 ove il mio corpo fanciulletto giacque,
 Zacinto mia, che te specchi nell'onde
 del greco mar da cui vergine nacque


Venere, e fea quelle isole feconde
 col suo primo sorriso, onde non tacque
 le tue limpide nubi e le tue fronde
 l'inclito verso di colui che l'acque


cantò fatali, ed il diverso esiglio
 per cui bello di fama e di sventura
 baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.


Tu non altro che il canto avrai del figlio,
 o materna mia terra; a noi prescrisse
 il fato illacrimata sepoltura.


Oggi, non so come mai, ma al termine di una settimana densa di avvenimenti, ho ripensato alle poesie.
Fin da piccolo ricordo di averne imparate a memoria diverse. Se per la prima ho dei dubbi su quale considerare, forse Rio Bo' di Aldo Palazzeschi o magari qualche altra cosa, ho pero' deciso di considerare per prima una filastrocca di Gianni Rodari "Il mago di Natale". Credo che in terza elementare abbiamo fatto la recita di Natale e una delle rappresentazioni era la nascita di Gesù Bambino. Io facevo San Giuseppe e ricordo ancora la prima frase "Oh, Maria, ecco infine siam giunti a Betlemme...". Poi ricordo che c'erano tre o quattro osterie con i compagni di classe che facevano gli osti e da dietro delle porte alle quali bussavo chiedendo riparo per la notte urlavano "siamo pieni" o frasi del genere. Non ricordo, ad esempio, chi fosse Maria o dove facemmo quella recita. Alla fine dello spettacolo, avevo imparato a memoria la poesia di Rodari di cui ricordo oggi solo le assonanza di Via Buozzi con i maritozzi e Via della Susanna con i maritozzi con la panna.

L'ultima poesia che ho imparato a memoria, invece, è stata "A Zacinto", di Foscolo. Foscolo è uno dei miei poeti preferiti, forse perché mi piacciono "quelli tristi" (stile anche Leopardi...). Ricordo che il primo giorno di interrogazioni alla maturità, il membro di italiano chiese ad un mio compagno di classe interrogato se sapeva una poesia a memoria. Egli rispose negativamente, ma nel pomeriggio, il giorno dopo sarebbe stato il mio turno, imparai a memoria "A Zacinto". Inutilmente, perché alla mia interrogazione non mi chiese se avevo una poesia a memoria..... la studiai per niente, ma mi è rimasta in testa (l'unica direi) per un sacco di tempo. Solo ora, dopo ormai più di 20 anni, incomincio ad incepparmi dopo il "bacio' la sua pietrosa Itaca Ulisse". Segno dei tempi che passano. L'Infinito, il Sabato nel Villaggioil Passero Solitario, Tre donne intorno al cor mi son venute e chissà quante sono finite già nel macinapensieri. Se mi succederà come a mio nonno mi ritorneranno tutte alla mente quando sarà mooolto in là con gli anni! Chi vivrà vedrà.

Comunque non so se vi ricordate il mistero di imparare a memoria una poesia: ognuno avrà il suo metodo ma il mio consisteva nel leggere, rileggere e ripetere il testo per piccole parti. Poi cercavo, partendo dall'inizio, di ripetere il tutto un passo alla volta, avendo in testa non tanto le parole quanto il ritmo per seguire magicamente la poesia. Ogni appiglio era valido per cercare di rafforzare la memoria ed aiutarmi ad arrivare in fondo, una parola particolare, una rima strana, un periodo con una punteggiatura particolare.
All'inizio si inciampa che è un piacere, inserendo imprecazioni quando si arriva al "buco mentale" che fa perdere il ritmo e poi, ad un certo punto, tutto si incastra e si riesce ad arrivare in fondo. Arrivato lì il più è fatto, basta poi mantenere una sorta di allenamento per tenere in caldo la poesia ed ecco essere in grado di affrontare la platea! Chissà se oggi saprei imparare ancora una poesia a memoria?

Per terminare questa indegna analisi letteraria, ricordo che l'artista piu' amato per imparare le poesie a memoria è stato Ungaretti: in quanto ermetista era un artista di poche parole: la poesia allora era pronta in men che non si dica. Un esempio? Eccolo!

Giuseppe Ungaretti, L'Allegria, Soldati
            Si sta come
             d'autunno
             sugli alberi
             le foglie

Allora, tra le preoccupazioni della vita e gli appigli della memoria ecco che anche questo disamina mi ha dato un po' di buon umore ed è per questo che ho voluto chiudere in bellezza con un componimento poetico redatto per l'occasione. Reputo i sonetti il modo di scrivere poesie più bello. "E'un breve componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana, il cui nome deriva dal provenzale sonet (suono, melodia) che si riferiva in genere a una canzone con l'accompagnamento della musica. Nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine (fronte) a rima alternata o incrociata e in due terzine (sirma) a rima varia."
Con un sonetto hai abbastanza spazio per scrivere un concetto e non perderti tra mille rivoli (tipo il 5 Maggio di Manzoni), puoi riuscire a scrivere in endecasillabi cose allegre e cose tristi (con rime più brevi il ritmo è solo allegro ad esempio) e puoi cambiare l'ordine delle rime con un briciolo di fantasia! E poi le rime a me piacciono!

Di solito ogni poesia è accompagnata da una descrizione ma se faccio il poeta non posso fare anche "Natalino Sapegno" (alle superiori era la nostra antologia): in conflitto di interessi sarebbe troppo. Ma penso che già quanto scritto dia abbastanza elementi per aiutare a comprendere lo stato d'animo e dare una chiave di lettura alla poesia. Leggetevela e dategli l'interpretazione ed il giudizio che vi pare.

Alla prossima!

A me stesso


Diego Ferrazzin


Periodo secco proprio più di un ramo
e sembra non voler piu' terminare;
così se quando in macchina a tornare,
t'accorgi di un fatto molto gramo


ovvero che malgrado il pedalare
che un perfido destino ha ben tramo
alcuni dei tasselli che piu' bramo
han preso un pochettino a combaciare


allora un sorrisino puo' apparire
in questa situazione surreale
ed in questa forma sua semplice ed aperta


gran carica ti da', e che scoperta!
Si sa che quando tutto par sleale
ti basta una pagliuzza ad impettire!

1 commento:

  1. Hai ripreso a scrivere! Sono contenta ....anche del contenuto ... Per continuare in tema rispondo con un "tutto passa" anche questo periodo un po' cosI! Baci tua moglie

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