2011-12-18

Rigoletto ed il tempo: più vicini di quanto si creda!

« Pari siamo!... io la lingua, egli ha il pugnale »
(Rigoletto, atto I, scena VIII)


Buonasera,
comincio con uno sfogo: la manovra che il nostro Governo sta approvando mi pare equa solo nella  sua iniquità di colpire sempre i soliti ovvero automobilisti, lavoratori dipendenti e famiglie. Le liberalizzazioni sono naufragate, i tagli alla spesa non ho capito dove sono, ma di questo non se ne cura nessuno. I qualunquismi non aiutano ma mi piacerebbe vedere una tabella che distribuisca le misure per capirne l'effettiva equità. Ho fatto le seguenti considerazioni, alle quali invito chiunque a darmi delle risposte od il suo cortese punto di vista:

  • la pressione fiscale salirà al 45% quest'anno: potrei essere anche disponibile a pagare il 50% di tasse ma vorrei un servizio tale di cotanta pretesa. Mi aspetterei quindi trasparenza nel come vengono spesi tutti questi soldi: si fa qualcosa al riguardo? Ricordo che in un paese come il nostro se non si TAGLIA gli interventi di cassa come quelli fatti rimandano solo l'agonia. Quando entro in un ospedale, sento come va la scuola pubblica, il volontariato, la giustizia, la mia impressione è che il mio contributo allo stato non serva per la pubblica utilità ma per chissà quale privato intrallazzo; la mia unica speranza è di non avere sfortune che mi impongano la necessità di necessitare di questi servizi ma non mi sembra la risposta giusta;
  • mandare in pensione le persone sempre più avanti con gli anni mi ha fatto porre una domanda insulsa: a 60 anni per le moto e a 65 anni per le macchine cominciano i rinnovi quinquennali delle patenti. Non so cosa altro c'e' di limitante in altri campi per rinnovi oltre i 60 anni: si pensa di allargare tali controlli più in là per l'allungamento dell'aspettativa di vita? Che succede, ad esempio, se un pony express a quell'età non gli rinnovano la patente?
  • ora sembra che il problema più grosso nel nostro paese sia lo Statuto dei Lavoratori: da una parte si allungano i tempi per andare in pensione, dall'altra i giovani non riescono a trovare un lavoro. Verrà usato questo come grimaldello per poi forzare l'articolo 18 e quindi magari licenziare anche senza giusta causa le persone a 50 anni (e poi come ci arrivano a 67?) così da far lavorare i giovani?  Notate che io sono un lavoratore dipendente e mi sembra che tutti considerino il mio status lavorativo come l'unica casta italiana esistente, smentitemi per favore!
  • sembra che al mondo non interessi granché cosa facciamo per salvere in nostro paese; un giorno la Borsa va su' ed uno va giù, lo spread girovaga da una parte all'altra con il potere di rendere inutili gli interventi fin qui decisi: a quando la revisione di quello che ha CAUSATO il problema (la finanza, le istituzioni Europee, l'economia)....?

Ho tante altre domande da cittadino ma queste provocazioni (magari alcune semiserie) mi sembrano
sufficienti. Se pero' prima ero pessimista ora sono pessimista e leggermente astioso. Il prossimo anno non vorrei dovermi ulteriormente infervorare.

Oltre a questo via, venerdì richiamo degli appennini e via a Pisa (da Bologna) e subito serata teatrale: Rigoletto, di Giuseppe Verdi. Questa volta l'opera mi è proprio garbata. A parte l'inizio con una persona che, nel silenzio del teatro, è riuscita a far ritardare l'attacco del  maestro perché era al telefono e parlava ad alta voce con il resto del pubblico che rumoreggiava, il resto è stato molto bello.
L'opera è "Intenso dramma di passione, tradimento, amore filiale e vendetta, Rigoletto non solo offre una combinazione perfetta di ricchezza melodica e potenza drammatica, ma pone lucidamente in evidenza le tensioni sociali e la subalterna condizione femminile in una realtà nella quale il pubblico ottocentesco poteva facilmente rispecchiarsi. ". Ha una apertura fantastica, un paio di minuti di semplicità disarmante e con un crescendo da rabbrividire. I cantanti avevano voce, il balletto era molto azzeccato (non aveva una parte dove esibirsi come nell'Aida ma faceva parte della coreografia mentre i cantanti agivano), la scenografia imponente con dei cambi tra un atto e l'altro come non ne vedevo da un po'. L'opera è intensa e cupa:  dopo i "cortigiani vil razza dannata", "vendetta tremenda vendetta",   con un terzo atto dove dopo il quartetto fantastico viene musicato un temporale mentre si attende il culmine con la morte della figlia di Rigoletto che per amore salva il Duca che pure l'ha svergognata. Bravi a tutti!
Dopo il teatro, uscendo ho avuto una sorpresa: la pioggia arrivata fino a Pisa e noi senza ombrello. Correndo verso la macchina c'era una altra coppia che si faceva coraggio dicendo "non manca che la neve". Non hanno fatto tempo a finire la frase che è scrosciata un po' di grandine con dei chicchi piccoli piccoli. Mentre scappavamo ci ha affrontato un venditore ambulante che voleva venderci un ombrello, beato dell'improvvisa fortuna di una pioggia scrosciante e persone senza ripari!

Sabato, baciato dal sole invernale, dopo mangiato sono andato a Bolzano da mia mamma a prendere le cose natalizie che non si possono spedire per posta come ad esempio i biscotti per allietare il periodo di festa. E' stata una strapazzata ma almeno ho salutato la mamma.
Ho potuto fare una Autostrada che mi diverte, l'Autocamionabile della Cisa, con le sue curve ed i suoi paesaggi. Poi, nella seconda parte del viaggio, con il buio, ho potuto più che altro notare gli addobbi delle fabbriche/case che sfrecciavano a fianco della strada.

Domenica invece, altra fredda bellissima giornata di sole invernale, ho fatto una sosta tra Avio e Affi a mangiare ai piedi di un eremo: il Santuario Madonna della Corona ("All'interno del santuario vi è la Scala Santa, riproduzione della scala che si trova a Roma vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano; è la scala dove Gesù salì e discese più volte nel giorno in cui fu flagellato, incoronato di spine e condannato alla morte sulla croce, sporcandola così con il suo sangue."). Non si nota molto dall'autostrada quando si passa, ma lì era imponente: abbarbicato sulla parete di roccia e con un sentiero appena accennato probabilmente scavato nella roccia per arrivarci. Ho mangiato spezzatino di cervo con polenta (molto buono) e poi via di nuovo fino a Bologna, da dove scrivo.

E' stata una faticata ma ora anche se sono stanco sono contento. Finchè il piacere di guida non mi abbandona non avrò problemi ad affrontare tali sfide!

2011-11-30

L'amore può resistere alla distanza ma non alla assenza od alla gelosia!

Salve, questo è un momento veramente strano per l'Italia e l'Europa. Non si capisce dove si deve andare, fino a due settimane fa dovevamo fare prestissimo ed ora ci dicono che bisogna dare tempo alle persone di fare le cose, tutti gli interventi sono in realtà una ridda di voci dove l'unico punto fermo sembra sia colpire sempre i soliti posti (pensioni, statuto dei lavoratori, patrimoniale, ICI) e le cose che vanno male (la finanza, la coesione europea) nessuno sembra pensare ad affrontarle di petto.

Un quadro molto sconfortante da guardare sgomento ed attonito e sperare che qualcuno che voglia fare il bene dell'Italia e dell'Europa si trovi in fretta (tra quelli che ci sono o tra gente nuova).

In tutto questo esistono poi dei momenti "fuori norma" dove è possibile e/o necessario riunirsi per delle particolari occasioni sociali e che aiutano ad avere quei ricordi che aiutano a non sentirsi troppo lontani. Come ad esempio andare a teatro a vedere un'opera. Immaginando la Marcia Trionfale speravo in una rappresentazione ariosa e che riusciva nella difficile alchimia di sfruttare al meglio gli spazi "piccoli" del teatro per muovere questa "grande" opera. Alla fine pero' l'impressione del risparmio c'e' stata anche per quest'opera possente, fatta da suoni importanti, liriche accese e momenti intensi come solo Verdi ha saputo comporre. Aida la definirei strabordante: condottieri, faraoni, schiave e principesse, gran sacerdoti, re Etiopi, danzatori, trombettieri. Tutto questo è stato condensato in una scenografia essenziale (pochi elementi fissi e qualche componente mobile), in un esercito fatto di poche comparse e dai due protagonisti (tenore e soprano) un po' al limite, secondo me, con la voce. Gli altri membri del cast mi sono sembrati invece un po' più in linea con l'opera, menzione speciale il re Etiope che riusciva con la sua voce quasi a coprire l'orchestra. I  costumi invece sono stati vari e coloriti e l'opera la ricorderò soprattutto per i 4 ballerini (che sono  riusciti a ballare mescolando posture moderne sulla musica "antica") e per una comparsa che accompagnava per tutta l'opera la mezzosoprano figlia del faraone come dama di compagnia. Bello.

Alla prossima!

2011-11-20

Pisa come legame tra Saldatura alluminotermica e Lotnisko Chopina w Warszawie

Salve, questo fine settimana è andato ed ho alcune considerazioni che spaziano tra diversi argomenti ma che hanno epicentro la città di Pisa. Sabato mattina ero nei pressi della Stazione Ferroviaria di Pisa San Rossore. "Ubicata sulla linea ferroviaria Genova - Pisa, la stazione aveva fino a qualche tempo fa un'importante funzione di bivio, in quanto da essa partiva la linea per Lucca, la quale è stata tuttavia recentemente prolungata fino alla Pisa Centrale grazie all'aggiunta di un nuovo binario accanto a quelli della tirrenica. Essendo il bivio utilizzabile sia provenendo da Pisa, sia provenendo da Genova, la stazione sorge in una sorta di piccolo triangolo tra i binari".  Questo triangolo racchiude delle costruzioni (case private e piccole fabbriche) raggiunte da un sottopassaggio. La stazione è vicino alla facoltà di Ingegneria ed a Piazza dei Miracoli. Da questa stazione, attraverso un passaggio aperto di recente, si accede al Cantiere  delle navi antiche che si trova proprio a fianco della stazione.
"Nel dicembre del 1998 durante i lavori per la costruzione di uno snodo ferroviario presso la stazione di Pisa San Rossore iniziarono a emergere dagli scavi sotterranei tracce di materiale archeologico. La scoperta si rivelò presto ben più importante del previsto, trattandosi di un sito di grande importanza. Inizialmente si riteneva si trattasse di uno scalo portuale, ma ben presto si è identificata la vera natura del deposito: si tratta del punto di incrocio di un canale della centuriazione pisana con il corso del fiume Serchio (l'antico Auser), dove, a seguito di una serie di disastrose alluvioni (ne sono state identificate almeno sette, dal II secolo a.C. al VII secolo d.C.), sono affondate almeno trenta imbarcazioni. Le imbarcazioni, tra navi da trasporto e barche fluviali, sono risultate essere perfettamente conservate, grazie alla particolare situazione di completa mancanza di ossigeno e la presenza di falde sotterranee. Ci sono così potuti pervenire una grande quantità di materiali solitamente deperibili, quali legno, cordami, cesterie, attrezzi da pesca e utensili. Inoltre si è recuperato buona parte del carico di queste navi contenuto in anfore e vasi. Dagli studi approfonditi si è potuti risalire anche a valide ipotesi sull'area di provenienza delle navi, che sarebbero giunte da varie parti del Mediterraneo: Gallia, Campania, Adriatico, ecc. (...) Spesso il cantiere o il futuro museo vengono chiamati delle navi romane. Questo è sbagliato in quanto innanzitutto le navi sono pisane, quindi solo in parte sono di epoca Romana in quanto vanno da un periodo ellenistico ad uno altomedioevale, ma ci sono reperti che risalgono addirittura all'VIII secolo a.C."
Durante il percorso si nota la buca dove sono state trovate le navi (e sembra ancora altre siano sepolte in attesa di essere recuperate) attorno alla quale delle pompe raccolgono pigramente dell'acqua per tenere sgombra la zona. Poi, quando si arriva all'ingresso del museo - cantiere aperto con un bel cartello di informazione ecco la sorpresa: un piccolo cartello indica che non si fanno visite guidate. Insomma, la crisi alla fine arriva (o dovrei dire parte) proprio da qui e dalle gestione del nostro immenso patrimonio archeologico.

Bene, mentre tristemente pensavo a questa situazione ho ripensato alla stazione ed ai binari. E mi è venuto il dubbio di come oggi costruiscono le linee ferroviarie senza il tipico spazio tra i binari per compensare le dilatazioni termiche. Sono andato su Wikipedia per capirlo: "Attualmente il metodo preferito è quello della saldatura alluminotermica che forma un sistema complesso definito lunga rotaia saldata. (...) Le lunghe rotaie saldate sulla rete nazionale hanno sviluppi anche di alcuni chilometri; alle loro estremità si montano particolari giunti di dilatazione che hanno lo scopo di compensare senza soluzione di continuità la dilatazione delle rotaie contigue." Una cosa complicatissima che pero' aiuta a risolvere un grande problema.

Concludo evidenziando una ultima cosa che mi è successa qualche settimana fa. Sono stato a Varsavia (e non posso non amare una città che dedica il suo aeroporto al pianista Fryderyk Franciszek Chopin) ed ho dormito in un albergo vicino all'aeroporto stesso.  A cena ho potuto trovare nel menu un piatto tipico della nostra tradizione culinaria (toscana in particolare): anche se storpiato nel nome Iribolitta) ho guardato orgogliosamente il nome e l'avrei quasi ordinato se non avessi visto una bella Steak disponibile nella pagina dei secondi. Pensate, in quella sera si poteva anche mangiare della carne di canguro: ma sarà morto dal freddo in quelle lande nordiche?

2011-11-14

Il dolore racchiuso nell'animo umano e cantato sulle ali di una farfalla

Anche nel dolore v'è un certo decoro, e lo deve serbare chi è saggio (Seneca).

Dei dolori che toccano in sorte agli uomini, sopporta la tua parte con Pazienza (Pitagora).

Ma il dolore non intende prestare ascolto alla ragione, perché il dolore ha una sua propria ragione che non è ragionevole (Milan Kundera).

Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potete contenere (Kahlil Gibran).


Buonasera a tutti, chi non è stato al pronto soccorso almeno una volta nella vita (per sè o per accompagnare qualcuno)? Quando sei in ospedale il tempo cessa di essere un problema. Da una parte vorresti che scorresse veloce per tornare alla normalità mentre medici, infermieri guidano le danze dilatando tali tempi oltre l'inverosimile. Non lo fanno per cattiveria ma per due motivi, penso io: il primo è che quando devi trovare la causa del problema, non sempre riesci a capirla alla prima. Le tecniche di problem solving che uno puo' trovare in ingegneria possono aiutarti solo parzialmente come il Metodo dei 5 perché, ("consente di esplorare le relazioni di causa-effetto per un problema ponendosi una semplice domanda. Il fine di applicare le cinque domande è quello di determinare le cause profonde del difetto (...). Ci si potrebbe continuare a chiedere ancora altri perché, dato che il metodo non pone limiti al numero di domande da porsi. Si postula che cinque iterazioni siano sufficienti ad identificare la causa del problema. Il vero elemento chiave è di incoraggiare l'analista ad evitare assunti e tranelli logici, ma di concentrarsi sulla catena di causalità fino alla causa originaria.") oppure il pesce di Ishikawa ("Sostanzialmente si tratta di una rappresentazione grafica di tutte le possibili cause relative ad un problema. La rappresentazione grafica assume la forma di una lisca di pesce.") e solo una combinazione di esami, esperienze in campi diverse possono portare a capire. Il tutto equivale a tempi lunghi per trovare risposte ad un problema. E, per esperienza, questo capita spesso, anzi molti problemi reali in realtà si nascondono dietro problemi indotti che possono portarti a pensare di avere la soluzione che pero' non risolve ma semplicemente allunga il permanere di uno stato di debolezza. Il secondo aspetto sono le attività a corredo della ricerca della cura: organizzare analisi, spostamenti tra reparti allunga le attese e non sempre sono cose facilmente comprensibili. Aspettare un medico in ritardo (perché magari ha altre urgenze più gravi da
affrontare), aspettare la barella per portarti in un altro reparto, aspettare il cibo, aspettare di consegnare un foglio di ricovero sono ulteriori punti che vanno contro il desiderio del paziente di sbrigarsi. Forse questi aspetti potrebbero essere migliorati con tecniche di lean manufacturing ("identifica una filosofia industriale ispirata al Toyota Production System, che mira a minimizzare gli sprechi fino ad annullarli.") resta il fatto che pero' la situazione è ad oggi così.
Mentre si aspetta si può osservare l'ambiente e posso dire le seguenti cose: esistono gli angeli, ovvero quelle persone che aiutano chi sta male per volontariato (personale del pronto soccorso, persone che aiutano a dar da mangiare ai degenti) che ad ogni ora del giorno e della notte vengono ad aiutare chi ha bisogno. Esiste poi l'ambiente ospedaliero: pulito, con persone competenti ed attrezzature. Anche qui meno male che abbiamo la nostra sanità. Poi ci sono le stranezze: non puoi pianificare nulla (ad esempio il giorno che ti rimandano a casa non sai a che ora vai via oppure ogni giorno l'orario per mangiare cambia a causa di 1000 motivi). Ed in tutto questo vedi il dolore: composto, silenzioso, personale che pervade tutte le corsie e si mescola sia tra i degenti (che soffrono davvero), i parenti (che cercano di sobbarcarsi parte di questo dolore) ed il personale (che deve dare brutte notizie).

Quando affronti questi tristi momenti, anche il più piccolo piacere aiuta a tenerti su. Siamo andati a vedere la seconda opera in programma a Pisa: Madama Butterfly. Una trama che esterna dolore profondo nella protagonista ed una tristezza nei personaggi più o meno ambigui che girano intorno a quel personaggio:  "Sbarcato a Nagasaki, Pinkerton (tenore), ufficiale della marina degli Stati Uniti, per vanità e spirito d'avventura si unisce in matrimonio, secondo le usanze locali, con una geisha quindicenne di nome Cio-cio-san, termine giapponese che significa Madama (San) Farfalla (Cho), in inglese Butterfly (soprano), acquisendo così il diritto di ripudiare la moglie anche dopo un mese; così infatti avviene, e Pinkerton ritorna in patria abbandonando la giovanissima sposa. Ma questa, forte di un amore ardente e tenace, pur struggendosi nella lunga attesa accanto al bimbo nato da quelle nozze, continua a ripetere a tutti la sua incrollabile fiducia nel ritorno dell'amato. Pinkerton infatti ritorna dopo tre anni, ma non da solo: accompagnato da una giovane donna, da lui sposata regolarmente negli Stati Uniti, è venuto a prendersi il bambino, della cui esistenza è stato messo al corrente dal console Sharpless (baritono), per portarlo con sé in patria ed educarlo secondo gli usi occidentali. Soltanto di fronte all'evidenza dei fatti Butterfly comprende: la sua grande illusione, la felicità sognata accanto all'uomo amato, è svanita del tutto. Decide quindi di scomparire dalla scena del mondo, in silenzio, senza clamore; dopo aver abbracciato disperatamente il figlio, si uccide con un coltello donatole dal padre (tramite l'usanza giapponese denominata "harakiri"). Quando Pinkerton, sconvolto dal rimorso, entrerà nella casa di Butterfly per chiedere il suo perdono, sarà troppo tardi: lei ha già terminato di soffrire."

A me personalmente Puccini non ispira piu' di tanto, ma per allargare i propri orizzonti anche lui va visto a teatro. La rappresentazione ha avuto la solita scenografia minimalista: un piano inclinato (che mentre scendevano verso il centro i cantanti dicevano si salire in collina), delle pietre ad indicare una casa (con anche scene finte dei protagonisti di aprire e chiudere porte immaginarie). I costumi mi sono piaciuti come i protagonisti. Rispetto ad altre rappresentazioni la musica mi è sembrata molto continua (ovvero non ci sono intermezzi con recitativi) e con delle dissonanze da fine romanticismo che avevano quel non-so-che di bello/misterioso. Mi sembra infine una parte molto impegnativa per la protagonista che sta in scena per molto tempo. Ma è nei momenti più "scorrevoli" che le arie sono affascinanti: il coro muto, "Un bel di vedremo". Insomma, alla fine mi è piaciuto anche se la trama è tanto triste.

Grazie ed alla prossima.

2011-09-29

Ad un passo dalla meta tutto può crollare



« Canto XXVII, dove tratta di que’ medesimi aguatatori e falsi consiglieri d’inganni in persona del conte Guido da Montefeltro. »
(Anonimo commentatore dantesco del XIV secolo)


Salve, sono di ritorno dalla partita del calcetto del giovedì durante la quale è accaduto qualcosa che mi ha fatto riflettere. La partita è stata bella e tirata con azioni da una e dall'altra parte. Immodestamente sono convinto di aver fatto una bella partita: due bei gol su azione, buona difesa, passaggi giusti, difesa grintosa e vittoria finale. La cosa strana è che il tutto è stato oscurato da un evento che ha fatto passare nelle discussioni post partita tutto in secondo piano: ad un certo punto mi è parso di aver subito un fallo al seguito del quale c'e' stato un gol degli avversari e ho chiesto il fallo. Dopo una breve discussione è stato deciso di non darmi retta e via a giocare. Il fatto di per sè mi è dispiaciuto per due motivi: il primo è quando giochi senza arbitro bisogna fidarsi e quando si chiamano queste cose si fa sulla fiducia. Fino alla partita prima mi era sembrato di avere questa fiducia, se penso di aver toccato la palla per ultimo lo faccio notare, se faccio un fallo lo dico, chiaro essendo un giocatore non posso rendermi conto di tutto quello che faccio e sicuramente qualcosa mi sfuggirà ma non metto mai in dubbio le chiamate degli altri che io ne sia d'accordo o meno. Al massimo dico "sei sicuro?" e poi via a giocare (in fondo siamo lì a divertirci e non a litigare). Ma è bastato che chiedessi qualcosa di diverso ed ho avuto l'impressione di essere passato istantaneamente tra quelli che invece chiedono il fallo apposta per evitare un gol valido. La seconda cosa che mi ha dato da  pensare è stato che la discussione sul fallo o meno sia andata avanti a lungo come se fosse il fatto della serata. Dal mio punto di vista, giusto o sbagliato che sia, per me il fallo c'era se poi sono l'unico ad averlo visto cosa cambia? Pazienza, abbiamo continuato a giocare amici come prima.

Bene questa discussione mi ha fatto tornare alla mente un personaggio della "Divina Commedia", Guido da Montefeltro che dopo averne fatte di tutti i colori nei tumultuosi periodi del Medio Evo italiano, quando ormai pentito e portato a fare una vita tranquilla e retta viene quasi costretto a dare un consiglio ad un Papa per opporsi ad una fazione nemica, rovinando quello che di buono avendo fatto agli occhi del Signore proprio alla fine della sua vita, trovandosi un diavolo filosofo che riuscì ad opporsi a San Francesco nella disputa per la sua anima, e venendo confinato nell'ottava bolgia dell'inferno. Altro esempio che per un caso specifico tutto quanto poi fatto di buono svanisce.

Basta davvero poco. Davvero...

Poscia che ’l foco alquanto ebbe rugghiato
 al modo suo, l’aguta punta mosse
 di qua, di là, e poi diè cotal fiato:

 "S’i’ credesse che mia risposta fosse
 a persona che mai tornasse al mondo,
 questa fiamma staria sanza più scosse;

 ma però che già mai di questo fondo
 non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,
 sanza tema d’infamia ti rispondo.

Io fui uom d'arme, e poi fui cordigliero,
 credendomi, sì cinto, fare ammenda;
 e certo il creder mio venìa intero,

 se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,
 che mi rimise ne le prime colpe;
 e come e quare, voglio che m’intenda.

 Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe
 che la madre mi diè, l’opere mie
 non furon leonine, ma di volpe.

 Li accorgimenti e le coperte vie
 io seppi tutte, e sì menai lor arte,
 ch’al fine de la terra il suono uscie.

 Quando mi vidi giunto in quella parte
 di mia etade ove ciascun dovrebbe
 calar le vele e raccoglier le sarte,

 ciò che pria mi piacëa, allor m’increbbe,
 e pentuto e confesso mi rendei;
 ahi miser lasso! e giovato sarebbe.

 Lo principe d’i novi Farisei,
 avendo guerra presso a Laterano,
 e non con Saracin né con Giudei,

 ché ciascun suo nimico era cristiano,
 e nessun era stato a vincer Acri
 né mercatante in terra di Soldano,

 né sommo officio né ordini sacri
 guardò in sé, né in me quel capestro
 che solea fare i suoi cinti più macri.

 Ma come Costantin chiese Silvestro
 d’entro Siratti a guerir de la lebbre,
 così mi chiese questi per maestro

 a guerir de la sua superba febbre;
 domandommi consiglio, e io tacetti
 perché le sue parole parver ebbre.

 E’ poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti;
 finor t’assolvo, e tu m’insegna fare
 sì come Penestrino in terra getti.

 Lo ciel poss’io serrare e diserrare,
 come tu sai; però son due le chiavi
 che ’l mio antecessor non ebbe care".

 Allor mi pinser li argomenti gravi
 là ’ve ’l tacer mi fu avviso ’l peggio,
 e dissi: "Padre, da che tu mi lavi

 di quel peccato ov’io mo cader deggio,
 lunga promessa con l’attender corto
 ti farà trïunfar ne l’alto seggio".

 Francesco venne poi, com’io fu’ morto,
 per me; ma un d’i neri cherubini
 li disse: "Non portar; non mi far torto.

 Venir se ne dee giù tra ’ miei meschini
 perché diede ’l consiglio frodolente,
 dal quale in qua stato li sono a’ crini;

ch'assolver non si può chi non si pente,
 né pentere e volere insieme puossi
 per la contradizion che nol consente".

 Oh me dolente! come mi riscossi
 quando mi prese dicendomi: "Forse
 tu non pensavi ch’io löico fossi!".

Fonte wikipedia.

2011-09-10

Semplificare le cose rompendo il paradigma della torre d'avorio costruita dai tuoi pensieri


Non esistono problemi; ci sono soltanto soluzioni. Lo spirito dell'uomo crea il problema dopo. Vede problemi dappertutto (André Gide).

Nessun problema può essere risolto congelandolo (Winston Churchill).

Salve a tutti,
la settimana che si sta concludendo è stata molto intensa. Molti eventi sono in movimento e spero che piano piano possano risolversi tutti nel miglior modo possibile. Devo dire pero' che questa settimana sono stato aiutato, sia sul lavoro che a casa, nel cercare delle soluzioni per dei problemi. Partiamo dal presupposto che un problema, dal mio punto di vista, non esiste: o è irrisolvibile, allora non è un problema (nel senso che bisogna adoprarsi in altro modo, ad esempio come posso risolvere la fame nel mondo oppure trovare la pietro filosofale) oppure è risolvibile, ed allora non è un problema ma semplicemente una serie di attività che  portano a sciogliere un nodo. Detta in questo modo contorto il problema (!) di un problema non è  l'affrontarlo, tanto in un modo o nell'altro o lo scansi o lo risolvi, quanto affrontarlo bene, ovvero trovare la serie di azioni-idee-comportamenti tali che ti permettono elegantemente ed efficacemente di arrivare a capo della situazione. Ho scritto elegantemente non a caso, avere un risultato per una soluzione semplice, lineare e poco costoso (elegante appunto) è positivo per te e per il contorno al problema. Infatti, quando risolvi un problema crei delle perturbazioni che possono generare altrove, vicino a lontano, un ulteriore problema. Una soluzione elegante ha, di solito, il pregio di non destabilizzare il resto. Allora, quando dobbiamo risolvere un problema, il rischio è che ci intestardiamo, per cultura, per poco tempo a disposizione, per pigrizia o magari per ignoranza, in una soluzione che magari si mostra più complicata del previsto per risolvere il nostro problema. E' in questi casi che uno sparigliatore di carte è quanto più utile possiamo avere a disposizione per trovare la strada elegante per arrivare in fondo. Dico sparigliatore di carte perchè di solito ci vuole qualcuno  che viene lì, batte le mani sul tavolo dei tuoi pensieri, e fa crollare tutte le carte faticosamente accatastate, permettendoti così, ricominciando, di trovare un accatastamento migliore. Per capirci: siete lì immersi nella vostra torre di avorio a pensare come risolvere un problema apparentemente irrisolvibile, dove di solito è un qualcosa che sembra dover far fronte a due eventi in contraddizione tra loro. Ad esempio devo installare una cucina entro la fine del mese e mi servono degli allacci di acqua e luce che saranno disponibili molto probabilmente dal mese successivo. Come fare? Uno pensa e ripensa, si arrocca nella torre d'avorio e rischia di perdersi tra i lucenti riflessi eburnei dei propri paradigmi (da Wikipedia: "nel linguaggio comune un paradigma è un modello di riferimento, un termine di paragone") senza venirne a capo. A quel punto una seconda persona, magari che ne sa meno ma che fa parte del "team" (nel caso della vita privata può essere per esempio la moglie), viene in aiuto rivoltando la torre di avorio con una considerazione apparentemente assurda, per chi ormai ha l'occhio fisso in una sola direzione (ancorato al proprio paradigma). Una volta questo veniva chiamato antitesi, ovvero uno deve farsi una idea (tesi) e poi deve metterla in discussione guardando l'opposto (antitesi appunto) arrivando ad una sintesi del tutto. Roba nuova? No, filosofia contemporanea (da Wikipedia "«Ciò che è reale è razionale» sarà la summa del pensiero hegeliano: vale a dire che una realtà esiste solo se soddisfa certi criteri di razionalità, rientrando nella triade dialettica di tesi-antitesi-sintesi tipico del procedimento a spirale con cui l'Idea giunge a identificarsi con l'Assoluto") dove uno si perde in uno degli aspetti del pensiero hegeliano. Ma, come detto prima, è più facile a dirsi che a farsi: è qui che dei bravi colleghi di lavoro (o una brava moglie) possono aiutare nel rivedere la tesi e magari accantonarla se si trova di meglio. Nell'esempio della cucina l'idea è stata: dividiamo il problema in due. Intanto portiamo i mobili in casa e poi, quando avremo gli allacci, monteremo il tutto. Semplice, incredibile non averci pensato prima eppure....

Quando uno sente una soluzione che gli piace o che gli spiana la strada nell'andare verso il prossimo ostacolo (od opportunità come si preferisce chiamare il problema) che il destino vorrà porti di fronte, tutto cambia: gli uccelli cinguettano, il cielo è più blu, il mondo è meno grigio, il buonumore straborda e le preoccupazioni scemano. Idea brillante che poi riesce a mettere tutti d'accordo. Come altro esempio, successo sempre questa settimana, avevamo la necessità, sul lavoro, di pensare a dove far passare un tubo. Può sembrare un problema banale ma, per farvi un esempio, voi sapreste dove far passare un tubo all'interno del vano motore della vostra macchina? Innanzitutto, se non c'era prima, è un corpo estraneo alla macchina e quindi nessuno ha pensato che potesse avere un senso metterlo. Poi ci sono parti che scaldano (motore, tubi del radiatore), ci sono organi in movimento internamente (ventole di raffreddamento o alcuni cavetti) o esterne (cofano che si deve aprire), ci sono cose che devono potersi smontare (le luci, le candele, il filtro, la cinghia di trasmissione) e poi non deve strisciare per terra. Uno rischia di perdersi a pensare dove far passare quel tubo dovendosi inventare delle modifiche pesanti alla macchina stessa. Poi arriva uno (membro del team), che ne sa poco del mio problema ma ha qualche conoscenza della macchina stessa e dice semplicemente: "passa da fuori, non hai visto che le fiancate della macchina sono cave? Passi da lì e via. Guarda qui e qui sono dei bocchettoni di servizio che puoi utilizzare!" Ecco con una cosa simile il nostro  problema del tubo si è magicamente semplificato: non più passaggi a nord-ovest dentro il nostro ipotetico cofano ma un semplice passaggio dove non dava alcuna noia!

Sono queste cose che danno soddisfazione, rafforzano il lavoro di squadra e confermano che insieme il risultato è maggiore che la somma delle competenze di ognuno. Buona domenica, alla prossima!

2011-09-04

La variabile "enne"


Salve a tutti, in questo periodo di confusione nel simpatico mondo italico, mi vengono in mente un sacco di  argomenti legati all'economia e la finanza. Mi rendo conto di cominciare a tediare chi legge ma se quello che mi passa per la testa è questo, allora mi fa piacere condividerlo con voi (ricevendo anche dei commenti o delle correzioni se esagero o riporto qualcosa di incorretto). Oggi vorrei condividere con voi una teoria che sto osservando da qualche tempo in qua.

Partiamo dall'osservare il fenomeno. I dati che riporto sono indicativi e sicuramente imprecisi ma penso diano una idea del concetto che voglio condividere. Ricordate un paio di anni fa, quando il prezzo di un barile di petrolio è arrivato a 150 dollari al barile (con rapporto euro dollaro all'incirca 1,5)? Io sì: ogni giorno i giornali radio parlavano degli aumenti ai distributori di benzina, raggiungendo prima l'incredibile cifra di 1,5 euro/litro e poi arrivare alla stratosferica cifra di 1,6 euro al litro. Ogni giorno, consumatori, aziende petrolifere, associazioni dei distributori, governo, economisti (sì anche loro) discutevano accanitamente su chi fosse il responsabile scaricandosi reciprocamente le responsabilità: il governo non poteva intervenire senza che l'Europa attivasse qualche procedura di infrazione o senza perdere gettiti importanti, i petrolieri dipendevano dalle scommesse dei future sul costo del barile, gli economisti dipendevano dalla fragilità dell'Opec, i distributori dagli aumenti dei trasporti e dai ricarichi dei petrolieri.... Insomma una enorme confusione che alla fine arrivava in un solo punto: il portafoglio dei consumatori, che come una massa di mucche sembravano spremuti da tutti quelli a monte. Bene, dopo il picco culminato con la crisi dei subprime il petrolio è sceso a 80-90 dollari al barile con il rapporto euro/dollaro a circa 1,3. La benzina è scesa a 1,3-1,4 euro al litro, e tutti sono tornati silenziosi e tranquilli (escludendo le discussioni sugli aumenti nei giorni degli esodi automobilistici estivi). Ultimamente, prima della crisi libica (durante la primavera araba) il rapporto euro-dollaro è tornato a 1,4 ed il petrolio è risalito a 110 dollari al barile. La benzina è arrivata a 1,6 euro al litro anzi quasi 1,7 se ringraziamo il governo con l'accisa aggiuntiva per i finanziamenti dello spettacolo (come disse Gianni Letta "Un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di poter fare" senza chiamarlo, dico io, mettere le mani nelle tasche degli italiani). Anche qui senza riscontrare almeno lo stesso clamore avuto come la volta precedente. Anzi, una sorta di strano silenzio ha fatto passare tutto in secondo piano, come ormai a nessuno interessasse più che gli automobilisti fossero munti. Esagero chiaramente, ma le proteste mi sono sembrate molto flebili rispetto alla prima volta.

Facciamo un altro esempio: tra giugno e luglio la situazione economica italiana ha dato segni di cedimento: lo spread tra i BOT italiani ed i Bund tedeschi è passato da 200 punti base a più di 320. Siamo partiti da "la nostra situazione è solida e non arriveremo a pagare gli spread della Spagna" e poi, giorno dopo giorno superare un nuovo record (dall'entrata in vigore dell'Euro tra BOT e Bund) con dovizia di informazione su tutti i media nazionali. Per tranquillizzare i mercati viene fatta una prima manovra finanziaria (approvata a tempi di record) e poi ne viene annunciata una seconda (visto che quanto approntato con la prima non sembrava molto appetibile per i mercati) e rilasciata come decreto di legge (ovvero da convertire in legge entro 60 giorni). Solo che da allora è un rifiorire di discussioni tra la maggioranza, l'opposizione, il governo (ma non è maggioranza pure lui?), le parti sociali, passi avanti, retromarce, scioperi generali, cambi di programma, dagli a questo, dagli a quest'altro ed alla fine anche le ferie per i parlamentari. Insomma, dopo un primo rallentamento dello spread (tornato sotto i 280 punti base) ora ha di nuovo superato i 320 punti ma senza l'enfasi che era stata messa la prima volta.

Insomma, con "effetto N" o variabile "enne" vorrei descrivere un effetto che ad una prima esplosione (salita) molto sentita e discussa fa seguito una discesa magari neanche troppo eclatante (comunque rimanendo a  valori superiori alle medie degli ultimi periodi) e magari dovuta non ad interventi risolutivi ma a variabili esterne ed incontrollate per poi risalire nuovamente a valori vicini o superiori al primo picco senza, questa volta, lo stesso risalto ed interesse. Dà l'idea che una volta "stirato" un limite (portata l'asticella più in alto del normale sentire popolare), poi nel breve tempo sia molto facile riavvicinarcisi e superarlo.

Voi ne avete altri di esempi del genere? Beh, a me ne viene ancora uno, e con questo chiudo. Quando Tronchetti Provera ha ceduto la sua quota di azioni del nostro operatore telefonico principale, le azioni valevano all'incirca 2,1 euro (e lui le aveva acquistate a più di 4 euro). Dopo il cambio di proprietà ci fu un po' di crisi con le azioni che facevano l'altalena tutti i giorni scendendo lentamente annuncio dopo annuncio. Discussioni con le banche che parteciparono all'operazione, con l'azionista principale (società telefonica di un altro paese), un aumento di capitale a prezzi minori delle azioni in quel periodo. Alla fine il titolo arrivò, credo, a 1,1 euro ad azione per poi tornare a 1,4 - 1,5 euro. Lo sapete ora a quanto è il titolo dopo tre-quattro anni? 0,8 euro ad azione circa. Beh, quando l'ho sentito, quasi nascosto sotto la giornaliera analisi di borsa quasi non ci credevo...

Alla prossima!

2011-08-23

Le 10 cose che ho imparato in Economia e Finanza


Se tutti gli economisti fossero stesi uno accanto all'altro, non raggiungerebbero una conclusione (George Bernard Shaw). 

Da tempo sono convinto che la sovrastruttura finanziario-borsistica con le caratteristiche che presenta nei paesi capitalisticamente avanzati favorisca non già il vigore competitivo ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori in un quadro istituzionale che di fatto consente e legittima la ricorrente decurtazione o il pratico spossessamento dei loro peculi. Esiste una evidente incoerenza tra i condizionamenti di ogni genere che vincolano l'attività produttiva reale dei vari settori agricoli industriali, di intermediazione commerciale e la concreta licenza di espropriare l'altrui risparmio che esiste per i mercati finanziari (Federico Caffè).

Salve a tutti, sono ormai parecchi anni che osservo oppure ho provato molto marginalmente ad interagire con il mondo dell'economia e della finanza. Vista la situazione parecchio fuori controllo degli ultimi mesi, almeno secondo il mio opinabile punto di vista, vorrei condividere con voi alcuni spunti basati sull'esperienza che mi sono fatto in questi anni. Insisto su un punto: chi scrive ne sa poco o nulla sull'argomento - magari uso anche termini impropri - sono solo considerazioni personali in libertà. Sarò ben lieto di accogliere e pubblicare anche pareri di altre persone.

C'era una volta la Lira Italiana ormai come denominata da un noto presentatore televisivo in una trasmissione preserale di qualche anno fa "Vecchio Conio". Ci sono vissuto per anni, i nonni o altri parenti mi regalavano ogni tanto un soldino oppure anche 1000 lire ed io mettevo tutto nella musina (o salvadanaio) e poi portavo (quando ero un po' piu' grande) alla banca dove avevo uno di quei conti per ragazzi che anno dopo anno cresceva poco a poco. Ricordo inoltre che quando ero piccolo sono esistite per un breve periodo le banconote da 50, 100 e 500 lire. Poi sono sparite insieme alle monetine da 1, 2 e 5 lire. Quelle da 10 e 20 sono sparite piu' avanti poco prima che sparisse tutto il "vecchio conio". Inutile dire dei vecchi gettoni del telefono, anch'essi parte integrante della nostra gioventù (ricordate quando passarono di valore da 100 a 200 lire?) e spariti anche loro preda delle tessere del telefono (ormai sparite anche quelle assieme alle cabine). C'e' stato poi un momento, quando ho avuto 18 anni (e dovevo chiudere il conto per ragazzi), ove grazie a tutti i soldi messi da parte riuscii ad acquistare un BOT. Che passo avanti: attendere l'asta di collocamento dei titoli, vedere se venivi accettato, dare via dei soldi per un certo periodo e riaverne di piu' alla fine: concetti strani ma non anormali in chi ha un minimo di senso del risparmio. Ricordo che rimasi stupito dal fatto che pur chiedendo, che ne so, 5.000.000 di lire te ne prelevavano 4.612.432,23 e te ne restituivano l'importo totale a scadenza. Notate che il  conto arrivava alla virgola (ovvero ai centesimi di lira) che da tanto nessuno usava più.... A quei tempi i tassi di interesse erano elevati (anche il 10%) e nessuna faceva una piega a questo valore. Dopo un paio di anni a BOT comprai con quei soldi un BUND (buono del tesoro tedesco) a 5 anni (credo) e fu, come investimento, una vera goduria: all'epoca un Marco tedesco valeva circa 600 Lire, l'Italia era nello SME e nel 1992 fini' sotto speculazione insieme all'Inghilterra e fu costretta a svalutare la propria moneta prima ed ad uscire dallo SME stesso in un secondo momento. Al termine di questo scherzetto un Marco tedesco valeva circa 900 lire e quindi l'investimento fu molto proficuo.
Come privato cittadino ando' bene, come cittadino Italiano un po' peggio, direi: il Presidente del Consiglio dell'epoca, Giuliano Amato, "nel suo primo mandato da Presidente del Consiglio si trovò ad affrontare una difficile situazione finanziaria. Per questa ragione, l'11 luglio del 1992 emise un decreto da 30000 miliardi in cui tra le altre cose veniva deliberato (retroattivamente al 9 luglio) il prelievo forzoso del 6 per mille dai conti correnti bancari per un interesse di straordinario rilievo, in relazione ad una situazione di drammatica emergenza della finanza pubblica (...). Dopo aver perso pesantemente la battaglia contro la svalutazione della lira, nell'autunno dello stesso anno varò una manovra finanziaria lacrime e sangue da 93000 miliardi di lire (contenente tagli di spesa e incrementi delle imposte), per frenare l'ascesa del deficit pubblico, e la prima riforma delle pensioni". Dopo questo rientrammo nello SME e riuscimmo anche ad avere l'Euro diversi anni dopo.

Rileggendo sopra mi domando se quello che ho scritto non sia terribilmente attuale, probabilmente se riesco a ricostruire io le informazioni in questo modo chissà chi lo fa per mestiere.... Comunque la prima lezione che ho imparato è che il vantaggio di pochi è pagato da una collettività molto maggiore.

Dopo questi piccoli investimenti di gioventu', l'economia non si è ripresentata davanti a me per un bel po' di tempo (studiando non si ha tempo di fare trading con i soldi necessari a pagarsi gli studi...): ho lasciato scorrere la bolla della New Economy del 2000, la crisi susseguente l'attacco alle Torri Gemelle e sono arrivato a comprare casa nel 2002 dove ho dovuto fare un mutuo. Io scelsi il tasso fisso (quando i tassi Banca Centrale Europea erano intorno al 4% credo) perchè reputai sbagliato fare un investimento di lungo periodo (come un mutuo) a tasso variabile non sapendo come potessero evolversi le situazioni. Fu cosi' che con la mia rata fissa, ma nota a priori, andai avanti a pagare avendo sotto controllo le mie finanze (a costo di pagare un po' di piu' proprio per avere questa tranquillità). Solo che questo pensiero sembra l'abbiano avuto in pochi in quegli anni, o pochi hanno voluto mantenere fisso il proprio tasso del mutuo di fronte ad altre proposte a tasso variabile. Ed inoltre la situazione ha pensato bene di farsi complicata grazie al mondo finanziario, ovvero le cartolarizzazioni hanno spinto in su i tassi mettendo in crisi tutte le famiglie che avevano quei mutui a tasso variabile fino a quando lo Stato Italiano non è intervenuto mettendo un tetto a quel genere di mutui pagando la differenza alle famiglie: ed essendo lo Stato finanziato anche da chi ha scelto il mutuo a tasso fisso possiamo semplicisticamente dire che chi aveva cercato di fare i conti con l'oste si è trovato anche la sorpresa nel conto di aver pagato un po' di tasso variabile a qualcun'altro.

E qui arriviamo ad una seconda lezione: i risparmiatori finali rimangono con il cerino in mano (ovvero tutti cercano di scaricare i rischi di una qualunque operazione su qualcun altro che di solito è l'anello debole della catena).

Ma ce ne è anche una terza: le regole del gioco nella finanza sono fatte per non essere rispettate. Infatti quando le cose vanno bene sono tutti a predicare bene ed a dire che ci sono delle regole ferree (agenzie di rating, controlli di Autority indipendenti, banche Nazionali e sovrannazionali), quando vanno male sono tutti a chiedere aiuto e di conseguenza a derogare sulle regola oppure a battere cassa anche a chi si è mosso piu' prudentemente.

Sempre da questo esempio arriviamo alla quarta lezione: a fare le formiche ti senti preso in giro. Il mondo sembra fatto per le cicale (divertiamoci finchè possiamo) tanto poi qualche formica che condivide le scorte (volente o nolente) si trova sempre. In questo è sempre stato un mistero per me il fatto che la crisi subprime abbia investito anche l'Italia dove c'era un indebitamento delle famiglie basso ma vedendoci come un popolo di formichine il tutto puo' tornare.

Dopo che avevo aperto il mutuo, passato un paio di anni per vedere come le finanze familiari si evolvevano, ecco avere comunque qualche soldarello da parte. Poca cosa ma le banche hanno la cattiva abitudine di chiederti interessi dell'8% se chiedi un prestito ma ti danno lo 0,00005% se li tieni nel conto, e viene voglia di investire altrove. Con gli interessi sui BOT molto bassi in quel periodo, evitando prodotti troppo complessi come azioni singole oppure commodities, rimanevano in pista degli investimenti su fondi di investimento di rischio crescente: obbligazionari su emissioni aziendali, azionari italiani, azionari esteri, e così via.  Dopo le difficoltà delle Torri Gemelle le borse sembravano dei tori scatenati. A quanto ho capito, la borsa in toro sale (il toro da le cornate dal basso verso l'alto quando attacca) mentre quando è in orso scende (l'orso mena fendenti dall'alto verso il basso). Allora, prima di qualunque scelta, uno si informa: legge riviste, quotidiani, libri, segue trasmissioni economiche (è qui che mi sono appassionato a Radio24) ed alla fine decide cosa fare. Le azioni sembravano, prendendo un fondo, un valido investimento essendoci la statistica che le borse mediamente hanno guadagnato il 5% ogni anno e perfino il Giappone sembrava uscire dalla sua atavica stagnazione economica.... Allora parlai con l'esperto della banca che fu di grandissima utilità nel mostrarmi i prodotti di casa mentre mi lascio' massima libertà nelle decisioni spicciole. Almeno non cerco' di suggerire operazioni strane (i casi Cirio e Parmalat non erano lontani nel tempo)  ed io feci dei piccoli investimenti divisi tra azionario e obbligazionario utilizzando il principio che meglio mettere le uova in panieri diversi che se se ne rompe uno almeno gli altri mantengono sane le uova. Dopodichè preparai un bel foglio di calcolo e seguii appassionatamente l'evolversi dei fondi giorno per giorno. Quando Ti interessi a questo scopri delle cose strane:

- la prima cosa è che le azioni dovrebbero essere una sorta di valore che viene dato ad una azienda e tu acquistandone una credi in quella azienda e le dai valore. Se l'azienda va bene accresce quel valore, se va male fallisce. Invece l'andamento non segue alcuna regola apparente.
Ad esempio, i titoli petroliferi: almeno finchè non inventiamo o scopriamo qualcosa di nuovo abbiamo tutti bisogno di petrolio, quindi l'azienda dovrebbe avere sempre un buon valore perché produce un bene necessario. Ed invece il settore varia all'impazzata aggrappandosi una volta al valore del barile di petrolio (ma l'azienda in teoria scarica questo costo sul consumatore quindi cosa cambia al suo valore) ed all'altra ad informazioni su stato dei giacimenti che ancora non si sono esplorati;

- la seconda cosa sono le vendite allo scoperto: come è possibile vendere qualcosa che non si possiede prendendola a prestito (in questo caso delle azioni) obbligandosi a riprenderle magari lo stesso giorno? Anche in questo caso non è piu' credere nel valore del titolo ma semmai sperare che vada male per guadagnarci sopra;

- la terza cosa sono i fondi stessi: uno si aspetta che "fiutino" le opportunità del mercato per darti quel qualcosa in piu' (per cui hai accettato i loro costi) ed invece hanno un andamento molto simile a quello del mercato: se questo perde il fondo perde, se guadagna il fondo guadagna;

- la quarta cosa sono le interpretazione che gli esperti danno agli eventi: sembra sempre che si cerchi "l'untore" che ha causato il danno o "l'eroe" che ha dato il surplus alla giornata in base alle informazioni del giorno. Ad esempio: un giorno la borsa guadagna il 2%? Merito della diffusione dell'indice manifatturiero degli Stati Uniti che è cresciuto del 5%. Pero' una azienda singola all'interno di quell'indice ha perso il 5%. In quel caso c'e' un report negativo di un analista che consiglia di venderle. Il mese dopo la borsa in un giorno analogo perde il 2%: in questo caso l'indice manifatturiero ha guadagnato il 3% (ma meno delle attese degli analisti e quindi la perdita in borsa) e l'azienda singola della volta precedente ha perso il 3% perchè tutto il comparto ha perso molto.

Capito qualcosa? Direi di no, almeno io non ci sono riuscito del tutto (magari fossi meno ignorante sarebbe tutto più chiaro). Il che ci porta alla quinta lezione: le azioni non rappresentano un valore (come dovrebbe essere) ma un oggetto per effettuare speculazioni. Senza curarsi dei reali fondamentali dell'azienda stessa.

C'e' anche la sesta lezione: un pesce piccolo che voglia muoversi in questo mondo fa le cose per caso. Informazioni reali su un dato elemento non sono disponibili (e giustamente altrimenti c'e' del penale come l'insider trading). Ma degli squali grossi, come hedge fund, fondi sovrani pare possano invece muoversi in modo da trovare l'utile da una qualunque loro azione. Come se avessero delle informazioni che noi non abbiamo oppure la forza di deviare i flussi economici al loro volere imprenditoriali.

E speculazione su speculazione si è arrivati alla crisi dei subprime: non appena quello che avevo guadagnato si è volatilizzato ho venduto tutto. Imparando cosi' la settima lezione: chi ha una vita normale deve fare degli investimenti il meno rischiosi possibili. Ma questa cosa la capisci solo quando la vivi sulle tue spalle, tanto uno pensa sempre "ma non sarò mica io a rimanere con il cerino in mano...".
Ad esempio, abbattere il mutuo con delle estinzioni parziali quando hai dei soldi in piu'porta ad abbassarsi la rata stessa (circolo virtuoso) e quel famoso quattro e passa per cento di tasso sono soldi risparmiati senza rischi aggiuntivi, l'equivalente di un buon investimento.

Alla fine di due-tre anni nel quale ho provato a seguire la finanza ho capito che chi ci aveva sicuramente quadagnato era la banca: ha giocato con i miei soldi senza rischi (per lei) prendendosi comunque le commissioni.

Quindi ecco l'ottava lezione: gli investimenti finanziari sono come il gioco d'azzardo: vince chi non gioca. La banca è una sorta di "banco" che di solito non perde mai (sentito di casino' che chiudono?).

Dopo tutto questo scrivere spero di non aver annoiato troppo, ma l'argomento mi ha spinto a scrivere. Una critica potrebbe essere "alla fine i miei soldi da qualche parte dovrei pure investirli se in banca non rendono": la mia risposta al riguardo è cercare investimenti con poco rischio che coprino (anche se non sempre) l'inflazione. Tanto con mutuo, figli e qualche desiderio da soddisfare, non si ha molta liquidità da poter parcheggiare in giochini di finanza: meglio cercare investimenti "solidi", con poco rischio e bassi rendimenti e facilmente recuperabili (per urgenze sempre dietro l'angolo che, come penso saprete, la sfortuna ci vede benissimo). Ed inoltre le spese sanno apparire in ogni occasione: macchina nuova, le spese per lo studio dei figli, aiutarli a mettere su famiglia. Quindi se non avete vinto al superenalotto non ci saranno grandi capitali che rischiano di essere erosi dall'inflazione.

Allora, giunti a questo punto cosa puo' pensare un cittadino qualunque come io mi pongo in questa società? Io credo che ci sia qualcosa di sbagliato e che chi ci governa, prendendo spunto dalla storia passata e dai recenti avvenimenti, dovrebbe essere in grado di regolare meglio un fenomeno non illegale (ci mancherebbe) ma che sembra stia avendo un peso troppo grande nei destini del mondo.

Concludo dicendo che abbiamo la nona lezione: essere informati non è tutto pero' aiuta. Come nella finanza anche in altri aspetti della vita. Lapalissiano ma quando uno è troppo concentrato nell'ottenere una cosa rischia di sottostimare alcuni aspetti (non informarsi abbastanza). Ed intorno non sono tutti lì ad avvisarlo, anzi alcuni sperano che sia un po' distratto apposta.

Ma la lezione piu' importante da tutto questo, secondo me, arriva in fondo: dobbiamo cercare come cittadini di condividere in modo civile ed aperto tutte le nostre ubbie al fine di arrivare ad un futuro migliore (capire che stiamo sbagliando o far capire agli altri che sarebbe meglio correggere qualcosa). Questo appare effettivamente difficile ma se non ci si prova non ci si riesce sicuro.

E per voi, quali "lesson learnings" avete avuto da questo argomento? Avete qualche informazione per migliorare le mia visione di quanto vissuto nell'economia? Alla prossima!

2011-08-16

Quando rischi di morire, è quasi impossibile non esserne segnati, anche se apparantemente la vita continua come prima


La salute non è tutto, ma senza salute tutto è niente (Arthur Schopenhauer).

Qualche tempo fa ho avuto modo di intervistare un amico con un problema di salute. Passati ormai sei mesi da quella intervista, gli ho chiesto se se la sentiva, come ripromesso nel post dell'epoca, di rispondere a qualche altra domanda. Se scoprire di avere un problema di salute può essere traumatico, anche un decorso ospedaliero è un avvenimento irto di spine. Me ne ricordo per una esperienza avuta (ma neanche lontanamente paragonabile a quella del mio amico) dove sono stato una settimana in ospedale, più che altro per controlli e per investigare un male di non facile identificazione. Il primo giorno di ricovero è stata dura, da una attività normale a fare praticamente niente è stato un invito a stare anche peggio aggiungendo false informazioni all'analisi del male che avevo con mal di testa e altro.... Poi, alla fine della degenza, con un quadro un po' più chiaro, si può uscire e convivere con i propri problemi avendo una visione della vita più aperta, se vogliamo anche un po' menefreghista. Sentimenti che il mio amico penso sia riuscito ad evidenziare molto bene in questa intervista. Il tema è molto personale, quindi può apparire anche fuori luogo il parlare di sofferenze interiori spiattellandole ai quattro venti di internet. Ma in questo penso che vivere esperienze particolari porti ad avere visioni più aperte della vita ed essere di conforto anche per altre persone.  
Bando alle ciance, buona lettura!

D.: Allora, è passato ormai un semestre dall'altra intervista: come andiamo?
R.: Mi sento bene, ho iniziato a fare dell'attività fisica e questo mi fa sentire pieno di energia e di voglia di fare

D.: La degenza puo' apparire un vero tormento per le persone ricoverate. Tu come la hai affrontata? Hai qualche suggerimento per viverla meglio?
R.: Tutto è relativo, dipende sia dal tipo di problema per cui ti devi ricoverare e dal carattere del paziente. Nel mio caso è stata una scelta voluta fortemente, dopo 10 chemio del primo e secondo livello dovevo sfruttare al meglio la remissione dalla malattia per cercare di non ricadervi più, avevo la minaccia di ricominciare da capo a spronarmi, anche se ero consapevole che non si trattava di una passeggiata.

D.: Durante ogni ricovero ci sono momenti belli e brutti. Senza andare troppo nel personale,
sei riuscito a superare quelli brutti senza che ti abbiano segnato in profondità?
R.: Quando rischi di morire, è quasi impossibile non esserne segnati, anche se apparantemente la vita continua come prima, ci sono sensazioni, modi di interagire con le varie problematiche che avverti essere cambiate, nel mio caso mi sento più distaccato, dò alle avversità un valore diverso.

D.: Hai avuto la fortuna di alternare i momenti positivi a quelli negativi oppure i secondi sono arrivati tutti in un momento?
R.: Si sono concentrati nel momento più delicato, cioè quando le chemio mi stavano azzerando le difese immunitarie e prima che il trapiato delle staminali facesse effetto, causandomi una grave infezione intestinale.

D.: Se non ricordo male sei dovuto stare in una sorta di isolamento: sei riuscito comunque ad avere un buon rapporto umano con medici e conoscenti?
R.: Si è trattato di un isolamento vero e proprio, oltre 30 gg. in una stanzetta con lo spazio necessario al letto e un piccolo tavolo di metallo, le visite rilegate a collegamenti video e audio nei momenti cruciali, a fare indossare tutta una serie di indumenti protettivi ai visitatori nei casi migliori. Anche le comunicazioni per telefono erano in secondo piano rispetto alle varie medicazioni, visite, prelievi e stati fisici. Per quello che riguarda i rapporti umani con i medici sono stati molto soddisfacenti, tanto che uno di loro notava che ero sempre sorridente durante le visite.

D.: Ricordo che il giorno delle dimissioni dall'ospedale non passava piu': il medico per l'ultima firma non arrivava ed io volevo tornare a casa. E' stato così anche nel tuo caso?
R.: Il mio caso è un po' delicato, per il trattamento cui sei sottoposto sai che sei immunodepresso e la cameretta sterile rappresenta una nuova placenta dove finisci per sentirti protetto, non a caso c'è chi festeggia un nuovo compleanno il giorno del trapianto di midollo, e anche le condizioni fisiche alla dimissione non sono ottimali, avevo delle gambe più del doppio del volume normale con notevole difficoltà a muovermi, dato anche la lunga degenza fermo nel letto e quindi c'era si il deisderio di tornare a casa, ma con tutte le problematiche del caso.

D.: La prima cosa che hai fatto una volta dimesso?
R.: Non c'è una prima cosa, non pensavo a vivere, ma a sopravvivere, a riposare, a cercare di mangiare nonostante la nausea, lo stomaco chiuso da oltre 10 giorni di digiuno, a tutte le medicine da prendere.

D.: Penso che un'esperienza cosi' comunque fortifichi lo spirito: in quali aspetti nel tuo caso?
R.: Nel considerare le avversità con più distacco. La vita, la salute, è un dono che diamo per scontato perchè l'esperienza comune ce le fanno apparire come normali e le nostre frustrazioni vengono causate da problemi pratici che prescindono da queste, ma chi è stato un passo dal perderle ne riesce a capire il valore.

D.: Una lunga degenza necessità dopo anche di lunghe cure e tanti controlli: sei tranquillo?
R.: Mi sono spesso chiesto se fosse meglio sapere quando avverrà la propra morte. Ora posso dire che è una fortuna non saperlo: quando hai un tumore, come nel mio caso che si è accresciuto in maniera subdola, senza manifestarsi che quando ne ero pieno, ti rimane un senso di essere in scacco, cioè non hai dei riferimenti, non posso dire se mi succede questo, allora... La mia malattia non mi ha dato segni premonitori e quindi sono tranquillamente allarmato, nel senso che sono consapevole che può ricomparire, senza manifestarsi, così come le cure cui sono stato sottoposto possono causare altri guai, l'unica cosa è sottopormi ai controlli che mi prescrivono e stare in allerta.

D.: Malgrado tutto quello che ti sta accadendo, pensi comunque di aver fornito delle informazioni maggiori ai medici per arrivare in un futuro a curare semplicemente problemi come il tuo?
R.: Per curare semplicemente problemi come il mio c'è bisogno di ricerca, non di esperienza, sono gli anticorpi monoclonali che aggredendo direttamente le cellule cancerose preservano il resto curando la malattia; passi avanti ne sono stati fatti, ma per ora è sempre necessario ricorrere a chemio terapia che sono sostanze tossiche non mirate e cortisonici che possono creare molti problemi alla milza, fegato, reni, ecc. e causare il diabete

D.: Ultima domanda: cosa diresti ora a chi dovesse iniziare un percorso per un problema analogo al tuo?
R.: Il linfoma ha caratteristiche mutevoli e le reazioni degli ammalati sono le più disparate, ciscuno ha delle problematiche diverse e reagisce a modo suo. In generale consiglio di cercare di rimanere il più possibile tranquilli, "o.k. ho un tumore, ma posso cercare di curarlo, non ho garanzie, ma posso lottare".Nel turbinio che ti sconvolge, si dovrebbe essere abbastanza lucidi da poter scegliere la divisione ospedaliera dove c'è il percorso curativo affidato ad un solo dottore, è importante avere sempre lo stesso referente che impara a conoscerti e può più facilmente capire la situazione. Quindi affidarsi alle cure proposte, io non conosco scorciatoie, e, per quanto possibile, prenderla con filosofia, non farne un dramma, altri ci sono passati prima e altri ci dovranno passare e provarci fino alla fine, affrontando giorno per giorno.

2011-08-07

Orione era praticamente irriconoscibile da quante stelle si vedevano!

Non puoi aspettarti di vedere al primo sguardo. Osservare è per certi versi un'arte che bisogna apprendere. (William Herschel)

La più sublime, la più nobile tra le Fisiche scienze ella è senza dubbio l'Astronomia. L'uomo s'innalza per mezzo di essa come al di sopra di sé medesimo, e giunge a capire la causa dei fenomeni più straordinari. (Giacomo Leopardi)

Chi nella vita non è rimasto almeno una volta a naso all'insu' a guardare la luna e le stelle, affascinato dalla loro luminosità e scambiando una stella particolarmente luminosa per un UFO fermo a mezz'aria in attesa di chissà quale evento? Io sono uno tra quelli e devo dire che anche il posto dove osservare gioca di volta in volta un ruolo importante nel guardare gli astri. Una zona in aperta campagna con quel silenzio rumoroso composto da zefiri di vento, frinire di cicale oppure in montagna tra l'odore dei pini e i richiami delle civette. Quando stavo a Bolzano, c'era un vicino di casa appassionato di astronomia: un paio di volte siamo partiti da casa la sera per andare sul Renon, una montagna vicina (è necessario stare in zone lontano dalle luminose città per vedere meglio) e piazzato il suo telescopio guardammo le costellazioni in quell'ambiente irreale di cui descrivevo prima. Per il fatto che ricordo più il contorno che l'osservare le stelle forse non farà di me un appassionato, resta il fatto che il mio amico puntava il suo strumento e poi dovevamo inseguire il corpo celeste con continue correzioni al meccanismo del sistema in quanto le stelle stanno ferme ma la terra ruota e va a spasso per il cosmo! Penso mi fece vedere la Luna e poi Giove, ricordo i crateri della luna che sembravano veramente enormi visti con quello strumento, quasi potessi toccarli! Dopo quelle esperienze giovanili (avevo poco più di 18 anni, così da poter guidare la macchina) non ho avuto altre occasioni al riguardo, se non sentimentali momenti dove ad occhio nudo potevo guardare la volta celeste. Come in viaggio di nozze, in Australia, a cercare di guardare le costellazioni senza avere idea di dove guardare veramente, non riuscendo per inesperienza e magari pigrizia a ritrovarle nel cielo.

E' per questo che quando ho scoperto che un mio collega di lavoro ha la passione per questo hobby, non ho resistito ed ho voluto fargli delle domande alle quali ben si è prestato. Preparando il testo, a forza di scrivere astronomia, m'e' scappato di scrivere astrologia, spero non se la sia presa troppo male ad essere paragonato ad una attività tanto lontana quanto magari affine... Grazie per la disponibilità e le informazioni riportate.

D.: Puoi descrivere cos'e' l'astronomia? 
R.: E' lo studio delle stelle, dell'universo e di tutti i corpi celesti. Per me è, inoltre, una grandiosa passione che mi prende ormai da tantissimi anni e che è cresciuta con me.

D.: C'e' ancora qualcosa da scoprire in questo ambito? 
R.: Tanto, tantissimo - anche se sono stati fatti passi da gigante grazie a Hubble prima e a tante sonde/satelliti dopo. Nonostante oggi si sappia tanto, la formazione e l'evoluzione dell'universo sono ancora basate su ipotesi/assiomi che non riusciamo a dimostrare.

D.: Qual'e' il "kit" del principiante? 
R.: Un paio di occhi e un buon atlante, tutto qua. Ovviamente sono utili solo sotto un buon cielo, almeno rurale meglio se di montagna. Poi il principiante evolve e integra gli occhi con uno strumento - un bincolo, un telescopio, eventualmente una macchina fotografica o meglio ancora una camera di ripresa dedicata che gli permetta di immortalare le profondità dell'universo. E, come tutte le cose, al perfezionamento non c'è mai fine.

D.: Puoi raccontarci la preparazione ad una serata con il telescopio? 
R.: Nel mio caso, che è puramente legato alla ripresa di oggetti del cielo profondo con telescopio e camera CCD, è molto complesso e abbastanza lungo. Tiro fuori la montatura, ossia la base su cui appoggia il telescopio e il sistema di ripresa, motorizzata in entrambi gli assi e computerizzata in modo da avere puntamento assistito agli oggetti e un perfetto inseguimento che compensi il moto relativo della terra rispetto  alle stelle fisse. Allineo la montatura al polo nord celeste attraverso il cannocchiale polare, uno strumento dedicato che permette di minimizzare gli errori fisici di puntamento. A quel punto monto il telescopio e la camera di ripresa, bilancio il tutto e verifico l'allineamento. Collego il computer alla montatura e alla camera di ripresa, accendo la camera e attivo il sistema di raffreddamento dei sensori di ripresa e di guida, termostatando la temperatura intorno a -35C° rispetto all'ambiente. Mentre aspetto la stabilizzazione termica, inizializzo il sistema di puntamento e i motori attraverso l'allineamento software di una mappa virtuale con il modello interno del computer di controllo a bordo della montatura. Setto latitudine, longitudine, tempo universale e inizio le routine di allineamento ad alcune stelle da ambo i lati del meridiano. Utilizzo gli errori di puntamento in questa fase per costruire un modello statistico che permetta di prevedere gli errori e definisco i valori dei guadagni di correzione da applicare durante lo spostamento del telescopio nella volta celeste. Una volta raggiunto l'equilibrio termico dei sensori, punto una stella mediamente luminosa che comunque non mandi in saturazione la dinamica (16 bit) del convertitore AD della camera e inizio la procedura di messa a fuoco in modo da minimizzare il valore FWHM della stessa (ampiezza della curva di luce della stella a metà potenza). In questo modo assicuro che il sistema sia perfettamente a fuoco almeno per avviare le riprese. Ora posso digitare sulla tastiera il nome dell'oggetto e ascoltare il rumore sordo dei motori servo che spostano il telescopio attraverso la volta celeste prima di avviare una ripresa di pochi minuti per verificare il centraggio e poi ingaggiare la guida su una stella di campo e iniziare la ripresa vera e propria, di durata variabile tra qualche decina di minuti e anche alcune ore.

D.: Perchè è interessante malgrado esistano degli strumenti (osservatori) dedicati all'osservazione celeste? 
R.: Perchè un normale telescopio di un dilettante accoppiato a una camera di ripresa CCD raffreddata raggiunge la stessa profondità di ripresa di un osservatorio professionale.

D.: Qual'e' il corpo celeste che piu' ti piace osservare? Perchè? 
R.: Le galassie. Sono fantastiche perchè sono degli universi isola che, a modo di frattali, contengono una copia del mondo in sè. E poi, da un cielo cristallino, sono oggetti molto affascinanti da osservare!

D.: Con quale regola viene dato il nome ad un nuovo corpo celeste? 
R.: In base allo scopritore e ad altri parametri più o meno complessi.

D.: "E quindi uscimmo a riveder le stelle": con chi vorresti essere accompagnato in una serata astronomica? 
R.: Dai miei amici che mi accompagnano sempre e dalla mia famiglia.

D.: Se non ricordo male, in un emisfero terrestre e' possibile vedere solo una parte della volta celeste. Tu hai visto anche l'altra metà con il telescopio? Che effetto ti ha fatto? 
R.: Ho visto l'altro emisfero senza telescopio e sono rimasto senza fiato - forse la location ha contribuito molto: il cielo nero e cristallino del lago Titicaca a 3.800m di altitudine.Orione era praticamente irriconoscibile da quante stelle si vedevano...

D.: Per vedere le stelle bisogna essere al buio. Sarebbe possibile osservare i corpi celesti anche di giorno?
R.: Sì e no. Le stelle più brillanti tipo Sirio e i pianeti principali si, per gli altri corpi non c'è chanche alcuna. E' una questione della brillanza del cielo verso la magnitudine del corpo osservato.
Poi c'è la storia delle stelle dal pozzo ("dal fondo di un pozzo molto cupo si possono di giorno vedere le stelle in cielo allora, disse che il pozzo equivaleva alla canna del telescopio, le lenti ai vapori che si formano nella parte superiore del pozzo e producono una densità trasparente, passando attraverso la quale la vista ne risulta fortificata"), ma non è assolutamente vera!

D.: L'astrologia sembra per nottambuli: mai successo di esserti addormentato "sul pezzo"? 
R.: Astrologia?!? Astronomia... No, non mi sono mai addormentato!

D.: Ultima domanda: perché l'astronomia come hobby? 
R.: Non lo so. So solo che è nata per caso grazie a un libro che mi fu regalato per la mia comunione. Da lì le prime uscite in solitaria con il binocolo, poi il primo telescopio rifrattore da 60 mm (grazie babbo e mamma), poi il cassegrain da 235 mm, una nuova montatura molto robusta e grande, il computer di puntamento, poi il telescopio da 100 mm alla fluorite (un gioiello), alcune camere ccd professionali, un sistema di ottica adattiva e una valigetta di oculari premium.Ora c'è in corso una revisione profonda di tutta la strumentazione (ho messo tutto in vendita) per tornare indietro alle origini - non ho più voglia di riprendere, voglio tornare a vedere con gli occhi. E per questo ho pianificato uno strumento molto grande, perfetto, fatto da un maestro  artigiano qua in italia. Spero di essere operativo già per Natale di quest'anno!

2011-07-30

Incepparsi dopo "baciò la sua petrosa Itaca Ulisse"

Che differenza c'è tra poesia e prosa? La poesia dice troppo in pochissimo tempo, la prosa dice poco e ci mette un bel po'. (Charles Bukowski)

Il mago di Natale  (Gianni Rodari)


S'io fossi il mago di Natale
farei spuntare un albero di Natale 
in ogni casa, in ogni appartamento
dalle piastrelle del pavimento, 
ma non l'alberello finto, 
di plastica, dipinto
che vendono adesso all'Upim:
un vero abete, un pino di montagna, 
con un po' di vento vero
impigliato tra i rami,
che mandi profumo di resina
in tutte le camere, 
e sui rami i magici frutti: regali per tutti.


Poi con la mia bacchetta me ne andrei
a fare magie
per tutte le vie.


In via Nazionale
farei crescere un albero di Natale
carico di bambole
d'ogni qualità, 
che chiudono gli occhi 
e chiamano papà, 
camminano da sole, 
ballano il rock an'roll
e fanno le capriole.
Chi le vuole, le prende:
gratis, s'intende.


In piazza San Cosimato
faccio crescere l'albero 
del cioccolato; 
in via del Tritone
l'albero del panettone
in viale Buozzi
l'albero dei maritozzi,
e in largo di Santa Susanna
quello dei maritozzi con la panna.


Continuiamo la passeggiata?
La magia è appena cominciata:
dobbiamo scegliere il posto 
all'albero dei trenini:
va bene piazza Mazzini?


Quello degli aeroplani
lo faccio in via dei Campani.


Ogni strada avrà un albero speciale
e il giorno di Natale
i bimbi faranno 
il giro di Roma
a prendersi quel che vorranno.


Per ogni giocattolo
colto dal suo ramo
ne spunterà un altro
dello stesso modello 
o anche più bello.


Per i grandi invece ci sarà
magari in via Condotti
l'albero delle scarpe e dei cappotti.


Tutto questo farei se fossi un mago.
Però non lo sono
che posso fare?
Non ho che auguri da regalare:
di auguri ne ho tanti,
scegliete quelli che volete,
prendeteli tutti quanti.




A Zacinto (Ugo Foscolo)


Né più mai toccherò le sacre sponde
 ove il mio corpo fanciulletto giacque,
 Zacinto mia, che te specchi nell'onde
 del greco mar da cui vergine nacque


Venere, e fea quelle isole feconde
 col suo primo sorriso, onde non tacque
 le tue limpide nubi e le tue fronde
 l'inclito verso di colui che l'acque


cantò fatali, ed il diverso esiglio
 per cui bello di fama e di sventura
 baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.


Tu non altro che il canto avrai del figlio,
 o materna mia terra; a noi prescrisse
 il fato illacrimata sepoltura.


Oggi, non so come mai, ma al termine di una settimana densa di avvenimenti, ho ripensato alle poesie.
Fin da piccolo ricordo di averne imparate a memoria diverse. Se per la prima ho dei dubbi su quale considerare, forse Rio Bo' di Aldo Palazzeschi o magari qualche altra cosa, ho pero' deciso di considerare per prima una filastrocca di Gianni Rodari "Il mago di Natale". Credo che in terza elementare abbiamo fatto la recita di Natale e una delle rappresentazioni era la nascita di Gesù Bambino. Io facevo San Giuseppe e ricordo ancora la prima frase "Oh, Maria, ecco infine siam giunti a Betlemme...". Poi ricordo che c'erano tre o quattro osterie con i compagni di classe che facevano gli osti e da dietro delle porte alle quali bussavo chiedendo riparo per la notte urlavano "siamo pieni" o frasi del genere. Non ricordo, ad esempio, chi fosse Maria o dove facemmo quella recita. Alla fine dello spettacolo, avevo imparato a memoria la poesia di Rodari di cui ricordo oggi solo le assonanza di Via Buozzi con i maritozzi e Via della Susanna con i maritozzi con la panna.

L'ultima poesia che ho imparato a memoria, invece, è stata "A Zacinto", di Foscolo. Foscolo è uno dei miei poeti preferiti, forse perché mi piacciono "quelli tristi" (stile anche Leopardi...). Ricordo che il primo giorno di interrogazioni alla maturità, il membro di italiano chiese ad un mio compagno di classe interrogato se sapeva una poesia a memoria. Egli rispose negativamente, ma nel pomeriggio, il giorno dopo sarebbe stato il mio turno, imparai a memoria "A Zacinto". Inutilmente, perché alla mia interrogazione non mi chiese se avevo una poesia a memoria..... la studiai per niente, ma mi è rimasta in testa (l'unica direi) per un sacco di tempo. Solo ora, dopo ormai più di 20 anni, incomincio ad incepparmi dopo il "bacio' la sua pietrosa Itaca Ulisse". Segno dei tempi che passano. L'Infinito, il Sabato nel Villaggioil Passero Solitario, Tre donne intorno al cor mi son venute e chissà quante sono finite già nel macinapensieri. Se mi succederà come a mio nonno mi ritorneranno tutte alla mente quando sarà mooolto in là con gli anni! Chi vivrà vedrà.

Comunque non so se vi ricordate il mistero di imparare a memoria una poesia: ognuno avrà il suo metodo ma il mio consisteva nel leggere, rileggere e ripetere il testo per piccole parti. Poi cercavo, partendo dall'inizio, di ripetere il tutto un passo alla volta, avendo in testa non tanto le parole quanto il ritmo per seguire magicamente la poesia. Ogni appiglio era valido per cercare di rafforzare la memoria ed aiutarmi ad arrivare in fondo, una parola particolare, una rima strana, un periodo con una punteggiatura particolare.
All'inizio si inciampa che è un piacere, inserendo imprecazioni quando si arriva al "buco mentale" che fa perdere il ritmo e poi, ad un certo punto, tutto si incastra e si riesce ad arrivare in fondo. Arrivato lì il più è fatto, basta poi mantenere una sorta di allenamento per tenere in caldo la poesia ed ecco essere in grado di affrontare la platea! Chissà se oggi saprei imparare ancora una poesia a memoria?

Per terminare questa indegna analisi letteraria, ricordo che l'artista piu' amato per imparare le poesie a memoria è stato Ungaretti: in quanto ermetista era un artista di poche parole: la poesia allora era pronta in men che non si dica. Un esempio? Eccolo!

Giuseppe Ungaretti, L'Allegria, Soldati
            Si sta come
             d'autunno
             sugli alberi
             le foglie

Allora, tra le preoccupazioni della vita e gli appigli della memoria ecco che anche questo disamina mi ha dato un po' di buon umore ed è per questo che ho voluto chiudere in bellezza con un componimento poetico redatto per l'occasione. Reputo i sonetti il modo di scrivere poesie più bello. "E'un breve componimento poetico, tipico soprattutto della letteratura italiana, il cui nome deriva dal provenzale sonet (suono, melodia) che si riferiva in genere a una canzone con l'accompagnamento della musica. Nella sua forma tipica, è composto da quattordici versi endecasillabi raggruppati in due quartine (fronte) a rima alternata o incrociata e in due terzine (sirma) a rima varia."
Con un sonetto hai abbastanza spazio per scrivere un concetto e non perderti tra mille rivoli (tipo il 5 Maggio di Manzoni), puoi riuscire a scrivere in endecasillabi cose allegre e cose tristi (con rime più brevi il ritmo è solo allegro ad esempio) e puoi cambiare l'ordine delle rime con un briciolo di fantasia! E poi le rime a me piacciono!

Di solito ogni poesia è accompagnata da una descrizione ma se faccio il poeta non posso fare anche "Natalino Sapegno" (alle superiori era la nostra antologia): in conflitto di interessi sarebbe troppo. Ma penso che già quanto scritto dia abbastanza elementi per aiutare a comprendere lo stato d'animo e dare una chiave di lettura alla poesia. Leggetevela e dategli l'interpretazione ed il giudizio che vi pare.

Alla prossima!

A me stesso


Diego Ferrazzin


Periodo secco proprio più di un ramo
e sembra non voler piu' terminare;
così se quando in macchina a tornare,
t'accorgi di un fatto molto gramo


ovvero che malgrado il pedalare
che un perfido destino ha ben tramo
alcuni dei tasselli che piu' bramo
han preso un pochettino a combaciare


allora un sorrisino puo' apparire
in questa situazione surreale
ed in questa forma sua semplice ed aperta


gran carica ti da', e che scoperta!
Si sa che quando tutto par sleale
ti basta una pagliuzza ad impettire!

2011-07-27

L'adozione internazionale: un grande progetto per un grande gesto d'amore

Il bambino non è proprietà dei genitori, ma è affidato dal Creatore alla loro responsabilità, liberamente e in modo sempre nuovo, affinché essi lo aiutino ad essere un libero figlio di Dio. (Papa Benedetto XVI)

Salve, in vista del termine del periodo post-adottivo, ecco una intervista speciale fatta a noi stessi. Un sentito grazie a tutti quelli che ci hanno aiutato in questo percorso!
Sono (siamo) convinti che a dirne qualcuno ce ne dimenticheremmo di altri per cui farne un elenco è impossibile ma sappiate che siamo riconoscenti davvero a tante persone!

La vita è fatta di scelte, progetti e risultati. Ognuno si confronta con se stesso e gli altri per poter raggiungere degli obiettivi che spaziano dalla soddisfazione lavorativa a quella familiare. Il percorso dell'adozione internazionale è un progetto di ampio respiro che coinvolge non solo le persone che lo vogliono intraprendere ma anche i parenti, i vicini e persino l'ambiente di lavoro che frequentano. Quanto segue sono delle  considerazioni personali che entrano nella sfera personale di chi scrive e non vogliono assolutamente essere appariscenti né insegnamenti. Se qualcuno volesse approfondire basta si faccia pure vivo!

Perché adottare un figlio?
Quando si mette su famiglia un misto tra desiderio e spirito di conservazione della specie fa pensare di avere dei figli. Nel nostro caso già durante il fidanzamento ci siamo posti la questione e quasi incoscientemente, con l'età dell'epoca, ci siamo risposti "perché no?". Tanto è vero che abbiamo iniziato l'iter adottivo prima che nascesse nostro figlio biologico e una volta arrivato abbiamo continuato tale percorso. L'aspetto fondamentale nella risposta è di non pensare di farlo per noi stessi ma per qualcuno che non conosci assolutamente e per il quale darai senza guardare a quello che riceverai. Il processo di adozione, sia nazionale che internazionale, è basato sulla Convenzione dell'Aja nella quale è esplicitato che lo scopo è quello di dare una famiglia al minore e non un figlio ad una coppia di genitori. Sulla base di questo assunto viene data priorità ai familiari del bimbo, il coinvolgimento di persone estranee è visto come l'ultima spiaggia. I bimbi adottabili sono di solito i casi più disperati che non hanno avuto soluzione tra le mura domestiche e con una adozione locale. Pensate al trauma per un bimbo di cambiare nazione, lingua, consuetudini pur con il vantaggio di trovare una famiglia che lo accolga.

Come funziona?
Il percorso dell'adozione è lungo e quando si parte bisogna essere animati dal piu' elevato ottimismo e da una pazienza da far impallidire quella di Giobbe. Ogni paese ed ogni ente di adozione ha le sue regole, per cui quello che segue è solo la “nostra” esperienza adottiva, con aspetti diversi o uguali rispetto a tante altre.

Il passo "zero" è quello di informarsi il piu' possibile e testare le proprie convinzioni. In ciò si è normalmente guidati dai Centri per l’Adozione che organizzano corsi per chi intende iniziare il percorso adottivo.

Il primo passo riguarda la richiesta di idoneità all'adozione, sia questa nazionale che internazionale. Va inoltrata presso il tribunale dei minori preparando una valanga di documenti. Durante l'iter si viene ascoltati da assistenti sociali, psicologi ed infine dal giudice e dopo un periodo teorico di 4 mesi (ma sono in realtà molti di più) il tribunale accoglie o meno la richiesta ed emette il decreto di idoneità, nel quale vengono riportati elementi molto importanti e vincolanti tra cui il numero e la finestra di età dei bimbi che la coppia è disposta ad accogliere.

A questo punto si ha un anno di tempo per trovarsi un ente che seguirà il percorso adottivo: questo secondo passo prevede di informarsi molto bene in funzione di dove si vuole andare ad adottare (ogni ente copre solo alcune zone del globo). Ce ne sono di grandi e di piccoli: noi che volevamo adottare in America Latina, in un paese che parlasse spagnolo, per ragioni di affinità, abbiamo scelto un piccolo ente proprio nella città di  Prato che segue tra gli altri paesi come Perù e Colombia. La famosa valanga di documenti prodotta per ottenere l’idoneità all'adozione, va rifatta con l'aggravante di altri documenti, traduzioni ed autentiche, sulla base di quanto richiesto dal paese dove si intende adottare. Non lo sapevate, ma dopo aver ottenuto il decreto di idoneità dal Tribunale, anche il paese di destinazione vuole dire la sua al riguardo dell’idoneità
della coppia ad adottare: dopo qualche mese di scambi di documenti vari e di eventuali integrazioni (con il rischio di essere rifiutati) dove ogni nota doveva essere autenticata-tradotta-spedita anche la controparte accetta la coppia e la dichiara “apta”. A questo punto comincia l'attesa: tutte le coppie del mondo che hanno fatto domanda in quel paese, mese dopo mese attendono che venga fatto un abbinamento tra loro ed un bambino da una apposita commissione. Per diversi mesi, nel nostro caso “solo” 9, stai lì a rosolare e poi, tutto ad un tratto, l’ente ti chiama per annunciarti che c’è stato il tanto atteso abbinamento e ti invita a pronunciarti sullo stesso entro i sei giorni successivi.

Inizia così il terzo passo, che rispetto alla staticità del precedente è una scossa di adrenalina: preparare le valige, avere i permessi di maternità/lavoro, organizzare il viaggio da fare nel più breve tempo possibile (massimo un mese). Arrivare nel paese di destinazione, seguire l'iter adottivo locale, che nel nostro caso si è svolto con dieci giorni di visite presso l’istituto che ospitava il nostro piccolo, una settimana tutti assieme in famiglia, al termine della quale siamo diventati concretamente ed ufficialmente genitori del nostro cucciolo, tanto da poterlo registrare all'anagrafe locale ed attivare tutte le procedure per ottenere la documentazione necessaria per tornare in Italia (certificato di nascita, passaporto peruviano, visto di ingresso in Italia), il tutto è avvenuto in ulteriori 10 giorni. Abbiamo preso più taxi in Perù in un mese che in tutto il resto della nostra vita fino ad oggi. In un mese si concentrano emozioni, adrenalina, problemi, corse indescrivibili che nel nostro caso erano rese più difficoltose dal fatto che ci portavamo dietro il nostro primogenito che si è dimostrato di una maturità stupefacente per i suoi due anni e mezzo dell'epoca.

Il quarto ed ultimo passo (“ultimo” solo nella procedura adottiva, non nell’Adozione con la “A” maiuscola!) è il rientro in Italia: iscrivi il bimbo nello stato di famiglia, prima in attesa della sentenza del tribunale come “convivente”, poi finalmente come “figlio”, richiedi ed ottieni il codice fiscale ed il libretto sanitario. Per i successivi tre anni la coppia si impegna a mandare al paese di origine ogni 6 mesi una relazione corredata da diversi documenti, per testimoniare il buon inserimento del minore in famiglia. Come? Ma si' certo, redatte - tradotte - autenticate pure quelle!

Ed adesso?
Ora ci sentiamo delle persone che hanno vissuto una esperienza in più, formate in aspetti che forse non avremmo provato altrimenti: vedere la dignitosa povertà dell’istituto dove aveva vissuto nostro figlio, tutti i bimbi piccoli che aspettavano una famiglia e con molta probabilità l’avrebbero avuta e nel contempo tutti quei bambini già più grandi e ragazzi alla soglia della maggiore età, consci del fatto che per loro “la famiglia” era probabilmente solo un “sogno” (sono poche le coppie che danno la propria disponibilità ad accogliere "bambini" di 15 anni o diversamente abili ), forgiare la propria pazienza, mantenere l'ottimismo, vedere un paese non da turista, conoscere persone (ad esempio assistenti sociali, volontari) che cercano di dare un futuro comunque a quei bimbi. Ora cerchiamo di fornire più informazioni possibili a chiunque si voglia avvicinare al mondo dell’adozione con una testimonianza concreta, cercando di diffondere il messaggio che l’adozione è “per tutti” coloro che si sentono pronti ad “accogliere” e con questo intendiamo anche per le coppie che hanno già figli biologici. Cerchiamo di partecipare a raduni con altre coppie che hanno adottato bimbi! Vederli tutti assieme fa ricordare il periodo passato all'estero per l'adozione e carica i bimbi stessi di vivacità. Infine pensiamo che anche il nostro primogenito abbia avuto grandi insegnamenti da questa avventura.

Lo rifareste?
Senza esitazioni la risposta è “Sì”! Ci reputiamo, comunque, molto fortunati nell'iter di adozione percorso, in quanto alla fine è stato di una durata non eccessiva, dal 2004 al 2008, per le prime tre fasi e si conclude proprio questo mese per il post-adozione (quarta fase). Avendo, nel frattempo, avuto un figlio biologico, ciò ci ha permesso, gioco forza, di non lasciare scandire il nostro tempo da quello del percorso adottivo, che fa percepire il tempo “dilatato all'ennesima potenza” , anche se l’attesa dell’abbinamento è stata comunque vissuta come “lunghissima”, e dall'altro di adottare un bambino piccolo (altre coppie trovate lungo il percorso avevano comunque in adozione bambini di 4-5 anni) in virtù del fatto che la legge italiana prevede di mantenere il diritto di primogenitura tra i bimbi naturali. Questo vincolo di primogenitura avrebbe potuto comportare attese molto lunghe: considerato che nella maggior parte dei casi l’età dei bimbi adottati in Perù è maggiore di quattro anni, noi eravamo preparati ad attendere che il nostro primogenito avesse compiuto i 6-7 anni per essere abbinati ad un bimbo dell’età di 4-5 anni, ma alla fine è andata diversamente. Tutto ciò a dimostrazione che ogni adozione è un caso a se e che le “statistiche” che accompagnano le ipotesi della  coppia che è in attesa non sempre vengono confermate.

Cosa vi aspettate ora?
Nulla, abbiamo un secondo figlio (che per legge deve sapere di essere stato adottato). Gli manterremo la doppia cittadinanza fino a che sarà maggiorenne e poi deciderà lui a riguardo! Nel frattempo faremo del nostro meglio.
 
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