2011-11-14

Il dolore racchiuso nell'animo umano e cantato sulle ali di una farfalla

Anche nel dolore v'è un certo decoro, e lo deve serbare chi è saggio (Seneca).

Dei dolori che toccano in sorte agli uomini, sopporta la tua parte con Pazienza (Pitagora).

Ma il dolore non intende prestare ascolto alla ragione, perché il dolore ha una sua propria ragione che non è ragionevole (Milan Kundera).

Quanto più a fondo vi scava il dolore, tanta più gioia potete contenere (Kahlil Gibran).


Buonasera a tutti, chi non è stato al pronto soccorso almeno una volta nella vita (per sè o per accompagnare qualcuno)? Quando sei in ospedale il tempo cessa di essere un problema. Da una parte vorresti che scorresse veloce per tornare alla normalità mentre medici, infermieri guidano le danze dilatando tali tempi oltre l'inverosimile. Non lo fanno per cattiveria ma per due motivi, penso io: il primo è che quando devi trovare la causa del problema, non sempre riesci a capirla alla prima. Le tecniche di problem solving che uno puo' trovare in ingegneria possono aiutarti solo parzialmente come il Metodo dei 5 perché, ("consente di esplorare le relazioni di causa-effetto per un problema ponendosi una semplice domanda. Il fine di applicare le cinque domande è quello di determinare le cause profonde del difetto (...). Ci si potrebbe continuare a chiedere ancora altri perché, dato che il metodo non pone limiti al numero di domande da porsi. Si postula che cinque iterazioni siano sufficienti ad identificare la causa del problema. Il vero elemento chiave è di incoraggiare l'analista ad evitare assunti e tranelli logici, ma di concentrarsi sulla catena di causalità fino alla causa originaria.") oppure il pesce di Ishikawa ("Sostanzialmente si tratta di una rappresentazione grafica di tutte le possibili cause relative ad un problema. La rappresentazione grafica assume la forma di una lisca di pesce.") e solo una combinazione di esami, esperienze in campi diverse possono portare a capire. Il tutto equivale a tempi lunghi per trovare risposte ad un problema. E, per esperienza, questo capita spesso, anzi molti problemi reali in realtà si nascondono dietro problemi indotti che possono portarti a pensare di avere la soluzione che pero' non risolve ma semplicemente allunga il permanere di uno stato di debolezza. Il secondo aspetto sono le attività a corredo della ricerca della cura: organizzare analisi, spostamenti tra reparti allunga le attese e non sempre sono cose facilmente comprensibili. Aspettare un medico in ritardo (perché magari ha altre urgenze più gravi da
affrontare), aspettare la barella per portarti in un altro reparto, aspettare il cibo, aspettare di consegnare un foglio di ricovero sono ulteriori punti che vanno contro il desiderio del paziente di sbrigarsi. Forse questi aspetti potrebbero essere migliorati con tecniche di lean manufacturing ("identifica una filosofia industriale ispirata al Toyota Production System, che mira a minimizzare gli sprechi fino ad annullarli.") resta il fatto che pero' la situazione è ad oggi così.
Mentre si aspetta si può osservare l'ambiente e posso dire le seguenti cose: esistono gli angeli, ovvero quelle persone che aiutano chi sta male per volontariato (personale del pronto soccorso, persone che aiutano a dar da mangiare ai degenti) che ad ogni ora del giorno e della notte vengono ad aiutare chi ha bisogno. Esiste poi l'ambiente ospedaliero: pulito, con persone competenti ed attrezzature. Anche qui meno male che abbiamo la nostra sanità. Poi ci sono le stranezze: non puoi pianificare nulla (ad esempio il giorno che ti rimandano a casa non sai a che ora vai via oppure ogni giorno l'orario per mangiare cambia a causa di 1000 motivi). Ed in tutto questo vedi il dolore: composto, silenzioso, personale che pervade tutte le corsie e si mescola sia tra i degenti (che soffrono davvero), i parenti (che cercano di sobbarcarsi parte di questo dolore) ed il personale (che deve dare brutte notizie).

Quando affronti questi tristi momenti, anche il più piccolo piacere aiuta a tenerti su. Siamo andati a vedere la seconda opera in programma a Pisa: Madama Butterfly. Una trama che esterna dolore profondo nella protagonista ed una tristezza nei personaggi più o meno ambigui che girano intorno a quel personaggio:  "Sbarcato a Nagasaki, Pinkerton (tenore), ufficiale della marina degli Stati Uniti, per vanità e spirito d'avventura si unisce in matrimonio, secondo le usanze locali, con una geisha quindicenne di nome Cio-cio-san, termine giapponese che significa Madama (San) Farfalla (Cho), in inglese Butterfly (soprano), acquisendo così il diritto di ripudiare la moglie anche dopo un mese; così infatti avviene, e Pinkerton ritorna in patria abbandonando la giovanissima sposa. Ma questa, forte di un amore ardente e tenace, pur struggendosi nella lunga attesa accanto al bimbo nato da quelle nozze, continua a ripetere a tutti la sua incrollabile fiducia nel ritorno dell'amato. Pinkerton infatti ritorna dopo tre anni, ma non da solo: accompagnato da una giovane donna, da lui sposata regolarmente negli Stati Uniti, è venuto a prendersi il bambino, della cui esistenza è stato messo al corrente dal console Sharpless (baritono), per portarlo con sé in patria ed educarlo secondo gli usi occidentali. Soltanto di fronte all'evidenza dei fatti Butterfly comprende: la sua grande illusione, la felicità sognata accanto all'uomo amato, è svanita del tutto. Decide quindi di scomparire dalla scena del mondo, in silenzio, senza clamore; dopo aver abbracciato disperatamente il figlio, si uccide con un coltello donatole dal padre (tramite l'usanza giapponese denominata "harakiri"). Quando Pinkerton, sconvolto dal rimorso, entrerà nella casa di Butterfly per chiedere il suo perdono, sarà troppo tardi: lei ha già terminato di soffrire."

A me personalmente Puccini non ispira piu' di tanto, ma per allargare i propri orizzonti anche lui va visto a teatro. La rappresentazione ha avuto la solita scenografia minimalista: un piano inclinato (che mentre scendevano verso il centro i cantanti dicevano si salire in collina), delle pietre ad indicare una casa (con anche scene finte dei protagonisti di aprire e chiudere porte immaginarie). I costumi mi sono piaciuti come i protagonisti. Rispetto ad altre rappresentazioni la musica mi è sembrata molto continua (ovvero non ci sono intermezzi con recitativi) e con delle dissonanze da fine romanticismo che avevano quel non-so-che di bello/misterioso. Mi sembra infine una parte molto impegnativa per la protagonista che sta in scena per molto tempo. Ma è nei momenti più "scorrevoli" che le arie sono affascinanti: il coro muto, "Un bel di vedremo". Insomma, alla fine mi è piaciuto anche se la trama è tanto triste.

Grazie ed alla prossima.

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